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Eserciti in movimento anche in casa nostra

In seguito agli eventi di questi giorni, la politica estera sta utilizzando tutti i propri strumenti, dalla diplomazia alla escalation militare, alla minaccia cyber e al rischio di ritorsioni economiche. Molti sono i Paesi mondiali che hanno schierato le proprie truppe fino ad ora.
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Eserciti in movimento anche in casa nostra

In seguito agli eventi di questi giorni, la politica estera sta utilizzando tutti i propri strumenti, dalla diplomazia alla escalation militare, alla minaccia cyber e al rischio di ritorsioni economiche. Molti sono i Paesi mondiali che hanno schierato le proprie truppe fino ad ora.
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Eserciti in movimento anche in casa nostra

In seguito agli eventi di questi giorni, la politica estera sta utilizzando tutti i propri strumenti, dalla diplomazia alla escalation militare, alla minaccia cyber e al rischio di ritorsioni economiche. Molti sono i Paesi mondiali che hanno schierato le proprie truppe fino ad ora.
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In seguito agli eventi di questi giorni, la politica estera sta utilizzando tutti i propri strumenti, dalla diplomazia alla escalation militare, alla minaccia cyber e al rischio di ritorsioni economiche. Molti sono i Paesi mondiali che hanno schierato le proprie truppe fino ad ora.
Gli eventi di questi giorni, in particolare lo scambio di documenti “scritti” tra Nato e Russia – secondo una formula richiesta dal Cremlino – hanno fugato molte (non tutte) delle incertezze occidentali sugli obbiettivi di Putin, largamente coincidenti con quelli di Pechino. Per tutte e due le potenze si tratta di riprendere la dottrina delle “zone di influenza” abbandonando il principio della “indivisibilità della sicurezza” e affermando che la propria è a scapito di quella altrui. Per i russi dell’Ucraina ma non solo e per i cinesi di Taiwan ma non solo, perché sul Mar Cinese meridionale si affacciano molti altri Paesi.

La politica sta utilizzando tutti i propri strumenti, dalla diplomazia alla escalation militare, alla minaccia cyber e al rischio di ritorsioni economiche secondo il vecchio adagio si vis pacem para bellum.

Sono probabilmente intorno ai 170mila gli effettivi schierati dai russi per accerchiare l’Ucraina in un arco geografico che va dalla Bielorussia alla Crimea, a cui vanno aggiunti il dispiegamento di aerei da combattimento, guerra elettronica, comando e controllo costantemente in volo sui confini ucraini nonché una quota della flotta del Mar Nero rinforzata in questi giorni da 6 navi provenienti dalla flotta del Baltico che potrebbero trasportare una brigata da sbarco, un incrociatore lanciamissili, un caccia e alcuni sommergibili classe Kilo in arrivo dal Pacifico e tutti in transito nel Mediterraneo. A questi vanno aggiunte le ‘esercitazioni’ aeronavali programmate dai russi nel Pacifico e nel Nord Atlantico che coinvolgono circa 140 vascelli. Ma non basta, perché la Nato ha confermato che nel 2021 ha effettuato, con i 60 aerei destinati alla difesa, 370 scramble dei quali 290 finiti a ‘identificare’ aerei russi un po’ troppo vicini agli spazi aerei occidentali prevalentemente nel Baltico.

Tralasciando l’attività nelle due basi russe in Siria, questa è la più grande mobilitazione di forze convenzionali da ancor prima la caduta del Muro.

La Nato non sta con le mani in mano e un’occhiata ai cieli d’Europa mostra una grande attività quotidiana di aerei-cisterna americani, olandesi, britannici, francesi e italiani tra il Mare del Nord, il Baltico e il Mediterraneo (i caccia non si vedono ma sono lì vicini e di ogni tipo). Ripetute sono le missioni di velivoli Poseidon e Orion americani, inglesi e tedeschi per la scoperta di sottomarini nei tratti di mare sensibili. Tutto l’arsenale di sorveglianza elettronica vecchio e nuovo è per aria, continua il ponte aereo britannico e americano verso Kiev mentre nel Mediterraneo aerei turchi, americani, inglesi e italiani sorvegliano elettronicamente la parte orientale mentre italiani, francesi e ancora americani il canale di Sicilia e Sigonella. Nel Mare Nostrum dopo molti anni sono ricomparsi una portaerei Usa e due sottomarini classi Ohio e Los Angeles Improved per la esercitazione Neptune Strike, unitamente alla nostra Cavour e alla francese Charles de Gaulle. Le esercitazioni russe o Nato sono sempre programmate “da tempo” ma è una contemporaneità per lo meno singolare. L’Italia è molto più in prima fila di quanto voglia lasciar trasparire: secondo la Difesa al momento ha attive 9 missioni Nato, 5 Onu, 12 europee e altre 12 con cappelli diversi in 21 Paesi per 3 continenti. Parlando di aree all’ordine del giorno, abbiamo il comando della difesa aerea in Romania e nel Mar Nero nel quadro Nato Enhanced Air Policing e task force Air Black Storm presso la base di Costanza vicino al confine ucraino con 4 Eurofighter, avendo appena fatto rientrare i primi F35 dalla analoga missione in Lituania.

Più a Nord in Lettonia 200 alpini della Taurinense si esercitano nelle bianche steppe a bordo dei cingolati BV206 insieme a unità di cavalleria sui Centauro inquadrati nella missione “Baltic Guardian” (un nome, un programma).

La Marina, oltre alla Cavour affiancata da una aerocisterna KC767 schiera un sommergibile U212, le Fremm Margottini e Marcegaglia, il cacciamine Viareggio e Nave Doria della classe Orizzonte. A questo si aggiungono la componente di sorveglianza aerea tramite i satelliti, i droni e i Gulfstream della AM e le ‘normali’ missioni di sorveglianza di aerei e elicotteri della guardia di Finanza e della Guardia Costiera nel canale di Sicilia. Intanto a Roma si applaude 55 volte.   Di Flavio Pasotti

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