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Giochi pericolosi

La gestione dell’informazione sulla pandemia ha un costo. Eppure sarebbe bastato leggere con attenzione i dati sudafricani, senza informarsi su Facebook, per evitare un ennesimo bagno di insicurezza tra la popolazione.
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La gestione dell’informazione sulla pandemia ha un costo. Eppure sarebbe bastato leggere con attenzione i dati sudafricani, senza informarsi su Facebook, per evitare un ennesimo bagno di insicurezza tra la popolazione.
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La gestione dell’informazione sulla pandemia ha un costo. Eppure sarebbe bastato leggere con attenzione i dati sudafricani, senza informarsi su Facebook, per evitare un ennesimo bagno di insicurezza tra la popolazione.
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La gestione dell’informazione sulla pandemia ha un costo. Eppure sarebbe bastato leggere con attenzione i dati sudafricani, senza informarsi su Facebook, per evitare un ennesimo bagno di insicurezza tra la popolazione.
Una cosa è chiara: il Regno Unito non è il paradiso dei no-vax. Se vogliamo dirla tutta, può assomigliare più che altro al loro incubo, considerato che continuano ad aumentare i test richiesti per entrare in Gran Bretagna o poterne uscire e la decisione di ridurre ad appena 90 giorni la finestra tra la seconda e la terza dose del vaccino. Alla faccia dei no-vax. Si obietterà che a Londra il governo ha sempre escluso il ricorso al Green Pass o ad altre forme di certificazione vaccinale, un dato di fatto che ha però precise motivazioni storiche in un Paese che non conosce l’uso della carta d’identità e ha consuetudini ben più radicate delle nostre. Peraltro, il non aver fatto ricorso al Green Pass ha un costo: a tutt’oggi, anche se in Italia ne parliamo molto meno di qualche settimana fa, in Gran Bretagna si registrano diverse decine di migliaia di nuovi contagi al giorno, cifre che da noi avrebbero generato ondate di fortissima preoccupazione e il ritorno alle restrizioni. Nel Regno Unito non è che siano matti, hanno deciso per un vigoroso giro di vite sul numero di tamponi richiesti e il taglio dei tempi dei richiami, con logiche conseguenze anche nel primo semestre del 2022. Tutto ciò per ricordare quanto la realtà non possa essere spacchettata per interessi di bottega. Non si può raccontare soltanto una parte delle misure prese da questo o quel governo, pur di dimostrare in qualche modo le proprie tesi e poter urlare in tv o sui social di ‘aver ragione’. La realtà è una e resta tale. Grazie al cielo, viviamo in quella parte di mondo che considera una ricchezza i punti di vista diversi, le idee divergenti e le sensibilità agli antipodi. Per conservare questa specificità che fa dell’Occidente ancora oggi un faro nel mondo, non si può cedere alla tentazione di giocare con le notizie e le informazioni, pur di dimostrare di essere gli unici depositari di una verità (quale?). Una sostanziale differenza con il Regno Unito, a ben vedere, è proprio nella gestione delle informazioni sulla pandemia. Prendete il caso della variante Omicron: dovremmo essere ormai consapevoli di come trattare le notizie sul Coronavirus, invece una parte considerevole dell’informazione italiana si è esibita in 48 ore di show, a base di Armageddon prossimo venturo, Borse che collassavano e il solito armamentario dello spettacolo della paura. Sarebbe bastato leggere con più attenzione i dati sudafricani, ascoltare chi la pandemia la sta studiando non su Facebook e avere un minimo di consapevolezza del funzionamento dei mercati (Borsa Italiana va molto bene da mesi, ma nessuno si era sognato di farci un titolo che fosse uno), per evitare all’opinione pubblica un ennesimo bagno di insicurezza.   di Fulvio Giuliani

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