Se il Ddl Zan fosse stato gestito diversamente non avremmo avuto questo risultato.
Non poteva che finire così. Lo sapevano tutti, a cominciare da quelli che oggi strepitano e si strappano i capelli. Eppure, nessuno di costoro ha avuto l’umiltà e la decenza di fare l’unica cosa che in politica può assicurare il successo: essere realisti e comportarsi di conseguenza. Per raggiungere un obiettivo molto più grande della propria affermazione di principio.
Ieri, al Senato, abbiamo assistito a un classicissimo spettacolo di politica parlamentare, in cui i roboanti paroloni servono solo a mascherare prove di forza fra partiti, leader, aspiranti tali, peones sulla ribalta per un giorno. Un “gustoso” antipasto di quello che potrebbe accadere nell’elezione del Presidente della Repubblica.
Lo avevamo scritto su La Ragione mesi fa, ma nulla. Cosi, chi ha contribuito ad affossare con il proprio rifiuto della realtà dei numeri e degli umori il Ddl Zan può urlare al tradimento, all’oscurantismo e mettere all’indice presunti insensibili o peggio. Chi ha trasformato un sacrosanto provvedimento in un immaginifico attentato alla convivenza civile, esulta in modo sguaiato godendo della rigidità degli avversari. Uno spettacolo indecoroso, che lascia le cose esattamente dov’erano, dopo trent’anni di dibattiti.
A gran parte di queste persone, protagonisti dello “show“ di ieri, dei diritti di coloro che vivono quotidianamente il rischio di umiliazioni e discriminazioni interessa il giusto. Cioè molto poco, di sicuro decisamente meno dell’ansia di affermare le proprie ideologie o umiliare l’avversario.
Ciascuno con le proprie tifoserie, ultras che non vedono, non ascoltano, non vogliono parlare con gli altri, sono affermare se stessi. Complimenti.
di Fulvio Giuliani
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