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I fiori violati dell’umanità

Solo un dittatore disperato può usare la repressione contro i più piccoli. Non una dimostrazione di forza ma di debolezza nel vedere mamme e bambini arrestati a Mosca solo per aver deposto fiori e un disegno per la pace davanti all’ambasciata ucraina.

I fiori violati dell’umanità

Solo un dittatore disperato può usare la repressione contro i più piccoli. Non una dimostrazione di forza ma di debolezza nel vedere mamme e bambini arrestati a Mosca solo per aver deposto fiori e un disegno per la pace davanti all’ambasciata ucraina.

I fiori violati dell’umanità

Solo un dittatore disperato può usare la repressione contro i più piccoli. Non una dimostrazione di forza ma di debolezza nel vedere mamme e bambini arrestati a Mosca solo per aver deposto fiori e un disegno per la pace davanti all’ambasciata ucraina.
Solo un dittatore disperato può usare la repressione contro i più piccoli. Non una dimostrazione di forza ma di debolezza nel vedere mamme e bambini arrestati a Mosca solo per aver deposto fiori e un disegno per la pace davanti all’ambasciata ucraina.
Solo un dittatore disperato può usare la repressione contro i più piccoli. Non una dimostrazione di forza ma di debolezza, nelle strazianti immagini di quelle mamme e di quei bambini arrestati a Mosca per aver deposto fiori e un disegno per la pace davanti all’ambasciata ucraina. E le lacrime di una di queste bimbe sono la raffigurazione di quanto, per i più piccoli, tutto questo sia incomprensibile. Eppure accade. Come accade che gli abitanti di una cittadina vicina a una centrale nucleare mettano l’uno accanto all’altro i loro corpi a formare una barriera che fermi l’invasore che avanza. O che chi si mette in viaggio verso la frontiera scriva sui vetri della propria autobambini”, nella speranza che i soldati russi non sparino contro una macchina che a bordo ha piccole vite innocenti. Colpisce anche l’immagine di Sean Penn, a Kiev per girare un documentario, che scappa insieme ai profughi trascinando il suo trolley. A piedi, verso la frontiera polacca. Non ci sono distinguo, nessuno è davvero al sicuroScappare è l’unica speranza. Come fa chi è salito invece a bordo di un treno, i sedili trasformati in un letto. O come fanno le tante madri che hanno lasciato i mariti a combattere per portare in salvo i loro figli. Alcune raccontano di averli lanciati in avanti, fra le braccia di altre mamme, per evitare che venissero schiacciati dalla folla di disperati accalcati al confine. Altri sono partiti da soli, senza nessuno che vegliasse su di loro in questo cammino della speranza. LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI “IL DOLORE DELLA GUERRA” Quelli che ce l’hanno fatta sono arrivati stremati dalla fatica e dal freddo: ad accoglierli le braccia finalmente sicure di uomini in mimetica, militari messi a presidio dei punti di accoglienza. Piccoli costretti in un attimo a diventare adulti, come la bimba al confine ungherese che porta in braccio il suo fratellino. E poi c’è chi è rimasto: una donna anziana che piange in mezzo alle macerie della sua casa, rasa al suolo dai bombardamenti russi. E l’ex Miss Ucraina Anastasia che ha deciso di arruolarsi e combattere per difendere il suo Paese. C’è chi ha scelto di dare una mano: le carovane dell’accoglienza, le tendopoli improvvisate e i pentoloni pieni di patate, le bevande calde da far stringere in mano a chi per ore ha camminato al gelo e sotto la neve. Un padre culla il suo bambino appena nato nei sotterranei dell’ospedale di Kiev. Chi piange e chi prega. Chi stringe fra le mani le foto di un figlio che ha dovuto salutare per vederlo andare a combattere un conflitto assurdo e senza senso. C’è anche un pezzo di Italia, che un italiano ha messo in salvo: sono le dieci coppie che erano in Ucraina per diventare genitori di bimbi nati con maternità surrogata. E un uomo e una donna che erano invece arrivati a Kiev per portare in Italia la bimba di nove anni appena adottata. Sono arrivati in Moldavia grazie a un convoglio organizzato dall’ambasciatore italiano. Ma ci sono altri 120 bambini che aspettavano di essere adottati da coppie del nostro Paese e che sono ancora lì. Per non dire di tutti gli altri 100mila orfani ucraini per cui da giorni si chiedono corridoi umanitari. Hanno già assistito a quello che nessun bimbo dovrebbe vedere, almeno facciamo in modo che non si aggiungano al computo straziante delle vittime innocenti di questa tragedia.   di Annalisa Grandi

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