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Il conflitto di Putin

Immagini drammatiche di una popolazione ferita

Il conflitto scatenato da Putin è sopratutto nelle immagini di dolore di intere famiglie spezzate, di bambini in lacrime, di terrore dilagante. Storie di cui siamo testimoni pur senza averlo mai voluto.

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Immagini drammatiche di una popolazione ferita

Il conflitto scatenato da Putin è sopratutto nelle immagini di dolore di intere famiglie spezzate, di bambini in lacrime, di terrore dilagante. Storie di cui siamo testimoni pur senza averlo mai voluto.

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Immagini drammatiche di una popolazione ferita

Il conflitto scatenato da Putin è sopratutto nelle immagini di dolore di intere famiglie spezzate, di bambini in lacrime, di terrore dilagante. Storie di cui siamo testimoni pur senza averlo mai voluto.

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Il conflitto scatenato da Putin è sopratutto nelle immagini di dolore di intere famiglie spezzate, di bambini in lacrime, di terrore dilagante. Storie di cui siamo testimoni pur senza averlo mai voluto.

C’è un padre, costretto a salutare la moglie e la figlia. Loro vanno nella safe zone, lui resta. Ci sono le lacrime, quando la bimba gli regala un disegno. E quando si abbracciano, perché non sanno quanto tempo passerà prima che possano rivedersi. E c’è un soldato che manda un videomessaggio ai genitori, per dire loro che li ama.

Oltre le analisi, oltre le discussioni, il conflitto scatenato da Putin in Ucraina è soprattutto questo. Come è accaduto per tante tragedie in passato, sono queste immagini di uomini e donne che sono destinate a restare impresse nella memoria. Fotografie e filmati che più di ogni parola restituiscono l’atrocità di un conflitto che ci ha in poche ore riportati indietro di molti decenni.

La metropolitana, trasformata in rifugio per cercare di sfuggire ai bombardamenti. Intere famiglie, tantissimi bambini ad affollare quei corridoi che fino a qualche giorno fa raccontavano il normale scorrere delle giornate. Quella normalità che non c’è più. Fra le banchine si prega, si piange. Con sé hanno solo un trolley o uno zaino, quel poco che si è riusciti a portare via in fretta e furia quando l’incubo si è trasformato in realtà.

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Ci sono le storie, come quella di un volontario italiano che gestisce un rifugio con 400 animali e che ha scelto di restare in Ucraina per non abbandonarli. Ci sono tutte quelle persone che fuggono di notte, a piedi, verso la Polonia quale miraggio di salvezza. E quelle mamme che sui grembiuli dei loro figli attaccano un adesivo con il gruppo sanguigno di ciascuno, il numero di telefono e l’indirizzo dei genitori.

È negli sguardi dei più piccoli che si legge tutto il terrore per un mondo che d’un tratto si è capovolto, portandosi via la loro innocenza. Non c’è nulla di più aberrante del vedere gli sguardi smarriti di bambini che potrebbero essere i nostri figli e che in poche ore hanno perso tutto. Se possibile, è ancora più drammatica la situazione dei 150mila piccoli negli orfanatrofi. Alcune migliaia, quelli che si trovavano nel Donbass, sono stati evacuati e verranno accolti in altre zone del Paese. Un dramma nel dramma, il loro.

Succede a pochi passi da noi, ma rendersi conto che è reale è così devastante che si fa fatica anche a raccontarlo. Se ne avverte il peso anche nelle nostre case, nei nostri discorsi. Eppure è tutto lì, davanti ai nostri occhi, perché siamo nell’epoca dei social network e ci ritroviamo tutti testimoni di qualcosa che avremmo sperato di non vedere mai. Di non vedere più.

di Annalisa Grandi

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