Prima la mafia; poi il terrorismo. A seguire l’economia e per ultima (?) la pandemia da Covid.
Siamo un Paese in sempiterna emergenza, con gli elettrodi perennemente ben piantati per ricevere l’elettroshock di prammatica. Siamo una comunità che a qualunque livello – dai professori ai bidelli, dai politici ai cattivi maestri in servizio permanente effettivo – surfeggia con voluttà sull’onda dell’immanente scontro di civiltà che riguarda ogni materia: dal Green Pass alla legge contro l’omofobia; dall’eolico al nucleare; dalla prescrizione ai referendum.
Adoriamo lo stato di furore, compresi i deliri no-vax; disdegniamo la normalità. Il primo è stimolatore di frenesie e brodo di coltura per interventi ad hoc mai risolutivi; la seconda è propaggine di banalità mai troppo deplorata. Ci piace l’eccitazione seriale che provoca belluini – e pazienza se inconcludenti – scontri polemici; ci annoia il confronto approfondito e pacato.
Basta un’occhiata ai talk show e ci siamo capiti. Solo che non possiamo più permettercelo. Perché quando l’emergenza si trasforma in quotidianità, quando l’analisi è viziata dall’ebollizione, quando la smania divora il ragionamento, inevitabilmente finisce che un Paese si ritrova sottosopra e la fuffa prende il sopravvento sulla concretezza. Non è di questo che abbiamo bisogno.
Il paradosso è doppio. Da un lato l’emergenza per sua natura è transeunte; dall’altro se non limitata non può che diventare la faccia della normalità che illanguidisce.
La maggioranza di larghe intese, che doveva essere il piedistallo per sorreggere lo sforzo di SuperMario Draghi di farci diventare una volta per tutte uno Stato normale, si è quasi subito trasformata nel basamento a favore del Moloch dell’eccezionalità.
E il balletto di stentorei ultimatum che si trasformano e si sciolgono in repentini dietrofront nel palinsesto per ogni possibile propaganda. L’ultimo, ma solo in ordine di tempo, esempio della Lega che sul Green Pass da destra di governo si trasmuta in destra di opposizione salvo poi innestare la retromarcia «dopo un telefonata Draghi-Salvini» (sic! E non potevano farla prima? Troppo ‘normale’?) e ritornare di governo in attesa di ridiventare di opposizione magari immediatamente dopo le urne amministrative, ne è plateale conferma.
Quanto possiamo andare avanti così? Fino al 2023, scadenza naturale della legislatura? Diciamolo chiaro. Non ci sarà alcun Pnrr capace di liberarci dalle furbizie e dai magheggi (non solo leghisti, per carità) che non ci fanno mai essere normali ma sempre distortamente eccezionali. E peggiori.
di Carlo Fusi
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