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L’impero dei servi

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Siamo contro la guerra ma per essere anche a favore della pace occorre che cessi l’aggressione. Altrimenti si chiama resa, non pace. Occorre abbattere il puntinismo senza cadere nelle braccia della Cina strangolatrice.

L’impero dei servi

Siamo contro la guerra ma per essere anche a favore della pace occorre che cessi l’aggressione. Altrimenti si chiama resa, non pace. Occorre abbattere il puntinismo senza cadere nelle braccia della Cina strangolatrice.
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L’impero dei servi

Siamo contro la guerra ma per essere anche a favore della pace occorre che cessi l’aggressione. Altrimenti si chiama resa, non pace. Occorre abbattere il puntinismo senza cadere nelle braccia della Cina strangolatrice.
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Peace and Love, chiedevano i ‘capelloni’ anni Settanta. Pace e bene a tutti, augurava il coevo padre Mariano. Pace arcobalenata hanno invocato manifestanti e ripetono ancora i cuori buoni. La cui versione politica è: si punti sulla diplomazia e non sulle armi. Molto bello, ma anche molto equivoco. Certo che siamo contro la guerra, ma per essere anche a favore della pace occorre che cessi l’aggressione. Altrimenti si chiama resa, non pace. Essere contro la guerra comporta andare contro i carri e le armate d’invasione. Essere per la pace finisce con il prenderli come guida, andar loro appresso. Oggi noi – statunitensi, europei, italiani, ricompresi nell’elenco dei “Paesi ostili”, il che è un onore – armiamo e aiutiamo gli ucraini perché sono stati aggrediti, perché vengono massacrati e perché si tratta di un’aggressione e di un massacro diretto contro di noi e il nostro mondo. Lasciarli al loro destino significherebbe non solo essere dei traditori ma dei polli destinati a far la stessa fine. Quindi no, non ci sono buoni sentimenti che giustifichino i discorsi persi, che iniziano specificando che Putin ha torto e continuano spiegando che hanno torto gli ucraini e abbiamo torto noi. Nessuno, nella Storia, ha il monopolio delle ragioni ma qualcuno tende ad abusare nei torti. In quel che vediamo i torti sono tutti ed esclusivamente sul conto del criminale Putin. Preferiremmo negoziare, ma per farlo è necessario che il nemico, Putin (perché ora è il nemico), sia disposto a fermarsi e trattare. Non solo non lo è, ma non è neanche più nelle condizioni: dopo avere ammazzato civili durante il cessate il fuoco e nei corridoi umanitari, non c’è via di ritorno. Eppure la via negoziale va ancora cercata, ma potrà essere spianata solo dalla forza delle azioni. Altrimenti avremo ancora le visite e le telefonate di Macron, Biden, Scholz, Draghi, Bennet, Erdogan e via andando, che provano a negoziare e rimbalzano su chi non ne ha alcuna intenzione. Per negoziare, allora, si deve piegare il nemico. Primo, colpendolo al fegato dell’economia, portandolo alla bancarotta. I boccaloni sostengono che la banca centrale russa potrà sempre stampare rubli: vero, ma varranno meno della carta igienica e non serviranno manco a quello. Secondo, promettendo una bancarotta duratura, stroncando i commerci, indicando ai russi in affari che possono tornare a zappare i campi. Terzo, non confondendo mai un governo (criminale) con un Paese e tutti i suoi abitanti. È vero che c’è una Russia allevata nelle scuole sovietiche che ora crede di potere tornare impero scolorendo il rosso comunista in dorato zarismo ed è vero che quei sentimenti sono diffusi, ma è anche vero che ci sono coraggiosi che sfidano la galera e la vita per protestare, per opporsi. Era vero con il comunismo ed è ancora più vero con il putinismo, perché i più giovani hanno assaporato il mondo e la libertà. Gusto che lascia il segno. Quarto, ricordando allo Stato apparato – dalle banche all’esercito, dalle università alle imprese – che Putin porterà la Russia a essere un protettorato cinese, a vivere di elemosine cinesi, a ubbidire ai desideri di Pechino. Sarà l’impero dei servi. Il che conduce al quinto punto, per noi occidentali più difficile da affrontare: se il putinismo non collasserà in fretta – per bancarotta, rivolta interna e pantano militare – il mediatore più efficace sarà il presunto alleato e vero strangolatore: la Cina. Senza quella copertura Putin finisce in un nulla. La Cina non ama quel che lui sta facendo, ma gli è grata perché l’Occidente dovrà trattare con Pechino. E mentre Putin deve essere cancellato, Xi dovrà essere accontentato. Non sarà né facile né indolore. Il prezzo sarà alto. Quella è la via negoziale da lasciare aperta. Ma è anche una ragione di più per stringere l’asfissia economica e armare gli ucraini: se Putin schianta prima è decisamente meglio.   di Davide Giacalone

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