Il male è parte della storia, ma troppi hanno creduto che si potesse vivere fuori dalla storia. S’è preso in giro uno storico perché aveva scritto che fosse finita, la storia (che poi non è neanche vero che l’abbia scritto, fregato da un titolo troppo fortunato), ma è proprio a quella fine che ci s’è acconciati. E invece no, la storia mostra il suo artiglio assassino. Lo guardiamo sbigottiti, increduli.
Con classi dirigenti non all’altezza, perché senza il male e il dolore si selezionano amministratori, quando non direttamente imbonitori. Fra qualche ora si voterà in Francia e fra i primi due classificati ci sarà chi ci prova per la terza volta, che ha preso soldi in arrivo dall’Est e ha dovuto buttare via gli opuscoli contenenti il ritratto con Putin. In Francia.
Nel Regno Unito chi era su posizioni simili ha vinto il referendum della rottura europea, mentre i tanti che hanno protestato il giorno dopo non sono andati a votare il giorno prima, pensando fosse fuori dalla storia quel che poi, invece, ne ha scritto una pagina pesante.
Sondando le nostre opinioni pubbliche, nella parte del mondo che abitiamo, tracciamo la condanna per la criminale aggressione. Subito dopo, però, la speranza che si trovi una via negoziale, che non si contribuisca alla guerra. Un po’ più discosto, anche per pudore, il timore che le sanzioni arrechino troppi danni a noi. Crediamo nel negoziato.
Ci siamo dimenticati di come abbiamo vinto il terrorismo: non negoziando con i combattenti, semmai corrompendo con la clemenza i catturati. Non cedemmo per non perdere tutto, guerra e onore, ma facemmo regali per dimostrare che erano dei disonorati. Ha funzionato anche con i primi fra i disonorati, i mafiosi. Ha funzionato anche con i rapitori: da quando si smise di pagare si smise di rapire.
Certo che se Putin si fermasse sarebbe buona cosa negoziare, ma siccome non si ferma e non c’è verso andiamo incontro al desiderio di dominio e pratica di sterminio? Ovvio che non ha senso. Ma il nostro buon senso vacilla perché gli abbiamo tolto la gamba del male e della paura.
L’enormità della guerra non può che metterlo alla prova. Sicuro. Ma oramai dorme anche sulle cose minuscole, neanche sorride degli esami di maturità senza bocciati e delle valutazioni dei magistrati senza nulla di negativo, nel mentre gli analfabeti funzionali si moltiplicano e la giustizia va a rotoli.
Non ci colpisce perché dalla metà degli anni Settanta in poi ci si è convinti che si possa mettere a carico dello Stato qualsiasi fallimento e financo qualsiasi desiderio. Cancellato il male, abbiamo provato a disfarci anche del disturbo.
A quel punto la politica diventa solo l’agone ove ci si distingue per il modo in cui si concorre a considerare “umano e democratico” ogni tentativo di evitare competizione e vittoria.
Un mondo senza differenze, dove si compete solo nei quiz televisivi. Al punto che puoi sentire dire che Putin ha sondaggi favorevoli all’83% senza che ci si sollevi a dire: ma è una dittatura, non c’è informazione, quel sondaggio ha lo stesso valore del gradimento di Hitler e Mussolini all’apertura della guerra, con il primo poi suicida e il secondo appeso per i piedi.
Ci sono stati più di 1.500 arresti, in cento città russe. I russi hanno non sfidato, ma abitato le galere per dissentire. E accade mentre altri russi fottono bambini, violentano donne, ammazzano prigionieri, svaligiano le case. Si deve scegliere da quale parte stare, altrimenti si sceglie di non essere.
Il male c’è, nella storia, perché se lo porta appresso l’uomo. La sola questione è sapere se chi lo osserva pensa lo riguardi o se preferisce attendere che gli entri in casa. Quella stessa casa in cui vuole sparare allo scassinatore, senza alcuna propensione al dialogo e al negoziato, incurante che l’opporsi al sopruso possa far la bua a qualcuno.
di Davide Giacalone
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