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Misteri, pantano e avvertimenti

Con il bombardamento dei depositi di carburante nella città di Belgorod, si aprono due ipotesi: o gli ucraini hanno messo a segno un colpo simbolico ma moralmente spiazzante oppure l’attacco ai depositi è un auto sabotaggio di ambienti militari russi.
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Misteri, pantano e avvertimenti

Con il bombardamento dei depositi di carburante nella città di Belgorod, si aprono due ipotesi: o gli ucraini hanno messo a segno un colpo simbolico ma moralmente spiazzante oppure l’attacco ai depositi è un auto sabotaggio di ambienti militari russi.
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Misteri, pantano e avvertimenti

Con il bombardamento dei depositi di carburante nella città di Belgorod, si aprono due ipotesi: o gli ucraini hanno messo a segno un colpo simbolico ma moralmente spiazzante oppure l’attacco ai depositi è un auto sabotaggio di ambienti militari russi.
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Con il bombardamento dei depositi di carburante nella città di Belgorod, si aprono due ipotesi: o gli ucraini hanno messo a segno un colpo simbolico ma moralmente spiazzante oppure l’attacco ai depositi è un auto sabotaggio di ambienti militari russi.
  Continua ad accadere molto nella guerra scatenata da Vladimir Putin contro l’Ucraina e non è praticamente nulla di quello che il dittatore si sarebbe atteso. Ogni giorno è un rosario di sofferenze indicibili per un intero Paese e un popolo costretto alla fuga o a vivere rintanato come topi o ancora – i più fortunati – a scrutare il cielo nel perenne timore che piovano missili. Eppure l’armata russa è lì impantanata intorno i soliti obiettivi, che continuano a sfuggire. Addirittura, ieri Mosca ha subito un attacco sul proprio territorio, con il bombardamento dei depositi di carburante nella città di Belgorod. In realtà, sull’azione condotta da due elicotteri d’assalto resta il mistero, perché lo stesso governo ucraino alla fine ha negato di essere responsabile del blitz, in una smentita che convince molto poco e che a mezza bocca gli stessi ambienti militari statunitensi finiscono per rendere meno credibile, sottolineando che l’azione è stata un successo e ha sorpreso i russi. Delle due, una: o gli ucraini – a parte le smentite per evitare ritorsioni ancora più pesanti – hanno messo a segno un colpo simbolico quanto si vuole, ma moralmente spiazzante oppure l’attacco ai depositi è un auto sabotaggio di ambienti militari russi che non ne possono più di questa guerra fallimentare. Ipotesi al momento da fantapolitica, ma che suonerebbe da campana a morte per l’intera invasione e lo stesso regime di Putin. Siamo alle speculazioni e resta razionalmente più credibile l’attacco ucraino. Nelle stesse ore, l’Unione Europea – nel summit online di ieri – ha ricordato a brutto muso alla Cina i volumi dell’interscambio commerciale fra l’Ue e Pechino, che è il più grande al mondo per il mercato cinese. Alla faccia del poco o pochissimo che rappresenta al confronto quello con la Russia (2 miliardi di euro al giorno, contro 330 milioni). Il richiamo della presidente della Commissione europea Von Der Leyen suonava più o meno così: non appoggiate Mosca, anzi cercate di farli ragionare in qualche modo, perché i vostri affari siamo noi. È esattamente quello che abbiamo più volte scritto su La Ragione dalle prime settimane di guerra e continuiamo a ritenere sia la chiave per un possibile ruolo cinese più attivo, rispetto all’attuale attendismo. Eccoci così a un’altra delle realtà che Putin aveva escluso: il fronte compatto occidentale, alla faccia di quella decadenza delle democrazie su cui lui e l’amico ‘senza limiti’ Xi sono andati propagandando per una decina d’anni. Si resta, così, sospesi e impantanati nella tragedia di un Paese.   di Fulvio Giuliani

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