Record superato di ben quattro podi, rispetto a Los Angeles ‘32 e Roma ‘60. Giochi imparagonabili, per numero di Paesi partecipanti, ma soprattutto livello medio dei competitor. Primeggiare oggi è infinitamente più complesso che 60 o 90 anni fa, come più volte abbiamo spiegato in queste lunghe e meravigliose giornate di sport. Pensando agli imbarazzanti soloni, pronti a parlare di fallimento della nostra spedizione, non sappiamo se ridere o piangere. Così come molto ridicola appare oggi la rincorsa al carro dei vincitori. Vizio certo non solo italiano, ma che da noi assume sempre contorni grotteschi.
Godiamoci le nostre atlete e i nostri atleti, le splendide storie che hanno disegnato, le vittorie che racconteremo ai nipoti. Il resto si può agevolmente archiviare.
Ha fatto benissimo il presidente del Coni, Giovanni Malagó, a sottolineare un record non più battibile, al massimo eguagliabile: un podio almeno in ogni giorno di gare. Non ci eravamo mai riusciti. Comprendiamo anche i sassolini tolti dalle scarpe, dopo la durissima battaglia politica che ha coinvolto l’indipendenza del Coni e dello stesso Malagó.
Detto questo, spiace veder coinvolti nell’ennesima polemica politica i trionfi della 4X100, di Jacobs, di tanti ragazze e ragazzi figli dell’Italia di oggi, dei suoi colori e delle sue preziose diversità.
Ne parleremo su La Ragione, non serve uno sterile dibattito su uno ‘ius soli sportivo’. Piuttosto che impiccarsi alle formule, definiamo ciò che è evidente: una ragazza, un ragazzo cresciuti nelle nostre scuole, sono italiani.
Partiamo da qui e troviamo soluzioni adeguate, non figlie di ideologie scadute e buone solo a battaglie social.
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