
Per la nomenclatura un’occasione propagandistica e una sfida difficile
Le Olimpiadi invernali di Pechino sono un evento politicamente importante per la Cina che dovrà necessariamente ammorbidire il suo nazionalismo aggressivo e aprirsi verso l’esterno. Magari accogliendo anche la variante Omicron.
Per la nomenclatura un’occasione propagandistica e una sfida difficile
Le Olimpiadi invernali di Pechino sono un evento politicamente importante per la Cina che dovrà necessariamente ammorbidire il suo nazionalismo aggressivo e aprirsi verso l’esterno. Magari accogliendo anche la variante Omicron.
Per la nomenclatura un’occasione propagandistica e una sfida difficile
Le Olimpiadi invernali di Pechino sono un evento politicamente importante per la Cina che dovrà necessariamente ammorbidire il suo nazionalismo aggressivo e aprirsi verso l’esterno. Magari accogliendo anche la variante Omicron.
Le Olimpiadi invernali di Pechino sono un evento politicamente importante per la Cina che dovrà necessariamente ammorbidire il suo nazionalismo aggressivo e aprirsi verso l’esterno. Magari accogliendo anche la variante Omicron.
Per la leadership cinese le Olimpiadi invernali di quest’anno sono un evento politicamente importante: la celebrazione agli occhi del mondo del successo economico del regime e del contenimento dell’epidemia Covid, di cui la Cina è stata l’iniziale epicentro.
In Occidente si sono levate voci favorevoli a un boicottaggio dei Giochi, seguendo il precedente di Mosca 1980, per protestare contro la repressione delle minoranze uigure e si sono fatti financo paralleli con le Olimpiadi di Berlino del 1936. Orbene, la Cina è certamente governata da un regime autoritario in cui il potere si è progressivamente concentrato in una sola persona – Xi Jinping – ma non è per il momento il nazismo del XXI secolo.
Preoccupa il fatto che dopo la svolta economica di Deng Xiaoping, che ha fatto della Cina un Paese moderno e ricco, e dopo le iniziali aperture di Xi, la Cina sembri rinchiudersi in un nazionalismo aggressivo: lo provano le minacce contro Taiwan, il sostegno esterno alle minacce di Putin all’Ucraina e ai Paesi baltici, il fatto stesso che mantenga ancora chiuse le sue frontiere a due anni dallo scoppio dell’epidemia. In occasione delle Olimpiadi quest’ultime devono ovviamente aprirsi e il rischio di una ondata difficilmente contenibile di variante Omicron è concreto, come ha ricordato ieri George Soros in un interessante intervento alla Hoover Institution.
I cinesi sono stati vaccinati in massa, ma con vaccini di produzione locale, concepiti in fretta e furia per proteggere dal ceppo originale del virus, non dalle successive varianti. Sono efficaci, ma meno di Pfizer e Moderna. Se Omicron dovesse diffondersi in Cina a ritmi occidentali, a seguito delle Olimpiadi, la cosa potrebbe essere fortemente imbarazzante per il regime di Xi: sia in quanto la strategia del contenimento radicale seguita funziona soltanto se la diffusione è molto contenuta, sia perché se i cinesi verificano che i vaccini americani risultano più efficaci dei loro, il trionfalismo nazionalista imperante prende una bella batosta.
Varrà dunque la pena di seguire le Olimpiadi non soltanto guardando a chi salirà sul podio ma anche a quello che accadrà sugli spalti degli stadi.
di Ottavio Lavaggi
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Tag: esteri
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