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Superpotenza UE

Potenza Ue

L’Unione Europea nella crisi Ucraina si sta comportando come una superpotenza: una cooperazione rafforzata per la sicurezza e la pace molto più della difesa del commercio di borse di lusso.
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L’Unione Europea nella crisi Ucraina si sta comportando come una superpotenza: una cooperazione rafforzata per la sicurezza e la pace molto più della difesa del commercio di borse di lusso.
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L’Unione Europea nella crisi Ucraina si sta comportando come una superpotenza: una cooperazione rafforzata per la sicurezza e la pace molto più della difesa del commercio di borse di lusso.
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L’Unione Europea nella crisi Ucraina si sta comportando come una superpotenza: una cooperazione rafforzata per la sicurezza e la pace molto più della difesa del commercio di borse di lusso.
L’agenda europea per una forza di difesa comune – composta da 5mila uomini sulla base dello Strategic Compass presentato a novembre ai ministri della Difesa e che prevedeva per questo marzo l’approvazione in seno al Consiglio dei capi di Stato e di governo – è archiviata. L’Unione europea nella crisi ucraina agisce già come una superpotenza, con strumenti economici e militari coordinati. Per sostenere l’Ucraina e perché l’offensiva strategica russa è al cuore degli interessi e della sicurezza dell’Unione molto più della difesa del commercio delle borse di lusso. Quando Putin ha risposto a Macron dicendo che non avrebbe trattato con lui ma con il capo della Nato, cioè Washington, ha commesso un errore strategico perché parlava con il presidente di turno dell’Unione, con il presidente della Francia più impegnato per la costituzione della difesa comune nonché con il capo del sistema militare in grado di esserne l’asse portante, l’unico presidente europeo con la valigetta dei codici. Il secondo errore è stato di aver pensato che l’irenismo tedesco fosse senza fine, a causa dei rapporti economici di reciproca dipendenza che vedevano nel Nord Stream 2 il gasdotto Molotov-Ribbentropp, il simbolo della coincidenza di interessi. Il terzo errore è stato immaginare che le quinte colonne in Italia potessero bloccare qualsiasi iniziativa politica e ancor più militare a sostegno dell’Ucraina. Aver completato l’opera con le esercitazioni missilistiche strategiche e con lo sventolio della minaccia nucleare ha coronato un disastro diplomatico e strategico senza precedenti nella storia della Terza Roma. Quale è ora lo scenario strategico della difesa comune? Primo: i cittadini europei sono in larghissima maggioranza favorevoli, e in ogni Paese, alla costituzione di una difesa comune in un sistema come quello europeo accusato di deficit di democrazia. Secondo: la difesa non si fa solo con le armi e vi è consapevolezza dell’impatto strategico del climate change (forse quel che più preoccupa i russi per le conseguenti decisioni europee), della intelligence spaziale, della difesa da attacchi ibridi, della necessità di realizzare un Defense Innovation Hub che metta insieme le capacità industriali del settore difesa e della interoperabilità dei sistemi d’arma. C’è una questione di rapporti con la Nato? In questi giorni essa è fondamentale, perché la difesa europea non può ovviamente prescindere dal rapporto con gli Stati Uniti ma nemmeno da Regno Unito, Norvegia, Svezia e Finlandia (per dire dei partner più rilevanti). L’intervento europeo costringe la Russia a ripensare alla Nato non come l’unico avversario e a comprendere che l’Occidente europeo – che considerava debole, diviso, impaurito – è molto più simile a una superpotenza: gli Stati Uniti un mese fa trattavano la sicurezza europea, ora l’azione è in mano nostra. Lo Strategic Compass ricorda che la Russia ha messo piede nel Mediterraneo e in Africa: si frantuma l’antica divisione tra Nord e Sud, tra Paesi fondatori e new comer, la difesa non può essere a scacchiera ma in tutto lo scacchiere. Anche il Pacifico e segnatamente il Mar Cinese Meridionale non è cosa di Usa e Cina perché il 40% del nostro interscambio commerciale – borse di lusso e tacchi a spillo compresi – passa per quel mare. In chiusura due considerazioni. Una difesa comune ci costa di più? Già oggi mettendoci insieme siamo i terzi per spesa e investimenti nel settore militare: razionalizzarli e rendere quel 2% del Pil uguale per tutti fa restare in Italia gran parte dei soldi, perché in casa abbiamo il know-how tecnologico necessario. Chi comanderà e chi ci starà? C’è uno strumento che di recente anche gli italiani hanno scoperto: la cooperazione rafforzata, cioè il fare con chi ci sta. E guarda caso l’abbiamo stretta con chi forse più di altri ha le capacità tecniche per dire in merito parole autorevoli. Chiusa la partita dell’Ucraina si apre una grande sfida europea.   di Flavio Pasotti

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