L’aeronautica italiana sta mettendo in campo tutte le pratiche preventive per scongiurare l’estensione del conflitto fuori dal territorio dell’Ucraina. Questo non vuol dire fare la guerra, ma tenersi pronti a qualsiasi eventualità.
«Siamo a meno di 20 miglia dai cieli dell’Ucraina. Basta niente per sconfinare e trovarci in guerra». Le parole del capo di Stato maggiore dell’Aeronautica Luca Goretti suonano come un allarme per chi non è militare. Tra le ‘divise’ c’è invece la consapevolezza del conflitto alle porte e dell’esigenza di non farsi cogliere impreparati. La decisione di raddoppiare gli Eurofighter italiani in Romania in ambito Nato arriva dopo la circolare dei vertici dell’Esercito che parla espressamente di «orientato al warfighting», alla capacità combattiva. «Sorprende che ci si sorprenda: le Forze Armate hanno tra i propri compiti quello di prepararsi alla guerra, non di fare la guerra. C’è stato bisogno di scriverlo perché l’opinione pubblica ha rimosso l’idea da tempo, pensando che l’articolo 11 della Costituzione avesse di fatto abolito la guerra per noi e per gli altri, ripudiandola».
Considerazioni analoghe dalla Marina militare: «Anche le nostre navi dovrebbero essere armate adeguatamente e ora non lo sono, con missili come i Cruise: è inevitabile in un contesto che sta cambiando da tempo e ora in maniera più urgente» osserva l’ammiraglio Roberto Domini, presidente del Cesmar, il Centro studi di Geopolitica e strategia marittima. «Si riteneva che la minaccia maggiore fosse rappresentata dalla Turchia ma la crisi ucraina ha reso più urgente un cambio di passo». Gli fa eco Bertolini: «Da tempo i nostri sodati fanno i “poliziotti di serie B” in operazioni come Strade Sicure, urge tornare all’addestramento militare».
di Eleonora Lorusso
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