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Quando il legislatore apre al procuratore

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Il tribunale boccia lo Statuto: Conte non è più presidente dei Movimento Cinque Stelle. Se adesso intervengono il giudice civile e quello penale è soltanto perché vi è stata la latitanza colpevole delle forze politiche.

Quando il legislatore apre al procuratore

Il tribunale boccia lo Statuto: Conte non è più presidente dei Movimento Cinque Stelle. Se adesso intervengono il giudice civile e quello penale è soltanto perché vi è stata la latitanza colpevole delle forze politiche.
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Quando il legislatore apre al procuratore

Il tribunale boccia lo Statuto: Conte non è più presidente dei Movimento Cinque Stelle. Se adesso intervengono il giudice civile e quello penale è soltanto perché vi è stata la latitanza colpevole delle forze politiche.
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L’ultimo è stato il tribunale civile di Napoli, che ha sospeso l’efficacia degli atti che hanno portato Giuseppe Conte a essere eletto capo del Movimento 5 Stelle. Prima c’era stato – ed è adesso sfociato in una richiesta di rinvio a giudizio – il caso dell’indagine penale per stabilire se la Fondazione Open sia invece un partito politico e come tale soggetta alle relative, specifiche regole sul finanziamento. Sia chiaro: con l’attuale ordinamento giuridico è del tutto legittimo che il giudice civile sia intervenuto nel merito delle istanze presentate dai tre militanti M5S ed è del tutto legittimo che un pm voglia accertare se Open sia o meno un partito. Ma è anche del tutto evidente che adesso risulta decapitato, si spera temporaneamente, il primo partito italiano mentre non si sa dove andrà a parare il procedimento penale sulla Fondazione Open. Insomma, il sistema politico italiano – almeno per due sue componenti importanti – si trova di fatto temporaneamente delegittimato. Con quali danni all’ordinato dispiegamento della dialettica politica è facile immaginare. In realtà tale situazione è resa possibile dal fatto che l’attività politica si muove necessariamente in modi per loro natura diversi da quelli civilistici o penali. È l’articolo 49 della Costituzione che ce lo dice: «Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale». Ma “associarsi liberamente” significa anche che nessuno possa imporre in quali modi organizzativi debba essere regolata la vita dei partiti. L’unica condizione posta è che sia salvaguardato il “metodo democratico” al loro interno. Se adesso intervengono il giudice civile e quello penale è soltanto perché vi è stata la latitanza colpevole delle forze politiche, le quali dovrebbero fare una cosa semplicissima: approvare una legge di pochi articoli che fissi una regolamentazione dei partiti politici secondo i dettami dell’art. 49 della Costituzione e insieme le regole per garantire il rispetto della democrazia interna. Affidando la loro osservanza a una autorità esterna indipendente, eletta dal Parlamento a maggioranza qualificata. Se su questo argomento continua la latitanza, è evidente che la Politica (con la p maiuscola) ne soffrirà ulteriormente.   di Nicola Rocco

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