In Italia per ogni bambino ci sono 5,1 anziani, un trend in costante calo da anni. Continuare ad affrontare il gelo demografico da un punto di vista strettamente economico è il primo passo per rinunciare al futuro.
Non si può vivere senza futuro e senza bambini non c’è futuro. Non è solo una frase fatta, ma la fotografia della resa di un Paese che ormai ha smesso persino di allarmarsi per il dramma demografico. Ogni anno, all’arrivo dei dati del censimento Istat, ascoltiamo sempre gli stessi commenti, scriviamo sempre le stesse cose, ci ritroviamo pensosi intorno al falò delle vanità di un’Italia che ha smesso di considerare i figli un elemento imprescindibile della propria esistenza.
Possiamo girarci intorno quanto vogliamo, ma se per ogni bambino ci sono 5,1 anziani – con un trend drammaticamente a salire – di cosa stiamo parlando? Questa è la media, con punte impressionanti in regioni come la Liguria, dove si arriva a 8,7 over 65 per ogni pupo. In 10 anni si è registrato un crollo, passando da una media di 3,8 anziani al dato odierno. Nel 2020 sono venuti al mondo in Italia 405mila bambini e quest’anno quasi certamente sfonderemo al contrario la quota psicologica dei 400mila nuovi nati. Non è casuale il nostro accenno iniziale al futuro perché, se continueremo ad affrontare il gelo demografico da un punto di vista strettamente economico, ci illuderemo di poter risolvere il problema con scorciatoie.
La grande enfasi riservata nelle ultime settimane al cosiddetto ‘assegno unico’ ne è la prova regina: si punta a ‘dare qualcosa’ nella speranza di innescare un circolo virtuoso che spinga le coppie, soprattutto giovani, a mettere da parte la paura del futuro. Tutto questo grazie a un contributo che in molti casi si ridurrà a qualche decina di euro al mese. Qualcuno crede che questa possa essere una soluzione credibile a lungo termine, capace di invertire un trend vecchio di trent’anni? La verità è che queste sono soluzioni semplicistiche per temi a elevatissima complessità, buone per essere propagandate in qualche talk show come prova dell’impegno della politica in favore delle famiglie.
Abbiamo una proposta: ritiriamo l’insieme dei provvedimenti che finiscono per dare poco o nulla alle mamme e ai papà e destiniamo tutte le risorse disponibili ai servizi per le famiglie. Non stiamo certo scoprendo l’acqua calda se invochiamo asili nido, servizi per l’infanzia, orari flessibili nelle scuole pubbliche e al lavoro per i genitori, strutture sportive per tutte le età. Sono solo degli esempi, ma cruciali e tratti dall’esperienza di vita quotidiana di milioni di italiani.
Il problema, oltre i casi più gravi in cui il tema è l’assistenza pura e semplice, non è acquistare i pannolini o le pappe, ma poter conciliare fra di loro le proprie scelte di vita. Ancor di più, non farsele dettare dalle circostanze esterne. Poter liberamente scegliere se diventare genitori o meno, senza ritrovarsi a quarant’anni a cominciare dolorose e affannose corse non sempre dall’esito felice. Sia chiaro, in una società realmente moderna e consapevole ogni scelta è legittima, compresa quella di non mettere al mondo dei figli senza per questo doversi sentire giudicati. Allo stesso tempo, maturità imporrebbe di non trincerarsi dietro troppe motivazioni che assomigliano pericolosamente a delle scuse. Perché il mestiere di genitori resta il più duro e imprevedibile che esista e non c’è tutorial a disposizione che possa aiutare.
Riflettiamo, però, se sia proprio questo il futuro che abbiamo deciso di inseguire, mentre facciamo un gran parlare di un welfare che finirà per essere semplicemente spazzato via da questa progressione demografica. Un Paese sempre più vecchio, presto forse il più vecchio al mondo superando anche il Giappone, ma soprattutto un Paese che rinunci per pigrizia, conformismo intellettuale, paura e anche una certa dose di egoismo a veder sgambettare per casa un bambino.
di Fulvio Giuliani
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Tag: società
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