Mentre qui si continuavano a biascicar dubbi e tremori sull’Occidente, al Cremlino lo si è temuto. Attaccandoci ha pensato pesassero i tremuli. Calcolo sbagliato. Perderà.
Ma quale debolezza, divisioni e incapacità?! Siamo noi che abbiamo vinto, regalando al mondo una stagione di crescita e maggiore libertà. Purtroppo è il rancore delle ideologie sconfitte e dei millenarismi ridicolizzati che alimenta, anche in casa nostra, la gnagnera dell’impotenza. Ora un perdente della Storia prova a vendicarsi. Siccome perderà (ha già perso), si deve, già ora, guardare al dopo.
Il mondo, prima del 1989, era peggiore e più povero. Da quando la cortina di ferro è stata rotta, da quando s’è divelta la divisione in blocchi, dal 1990 in poi, grazie alla globalizzazione i morti di fame sono diminuiti di 1 miliardo e 300 milioni. Siamo noi, è il nostro mondo, è la nostra vittoria con il crollo sovietico che ha portato ricchezza ai poveri. Certo, ne restano all’incirca 700 milioni – un’enormità, una pugnalata al cuore – ma è la crescita a dare loro un futuro, non la sua negazione. Certo, il grande sviluppo ha anche consumato risorse naturali, ridestando la coscienza della compatibilità ambientale, ma Greta (checché se ne pensi) è figlia della ricchezza, è figlia della globalizzazione, perché nella miseria non risulta commestibile. E certo, l’enorme sviluppo della ricchezza globale ha portato squilibri dentro il mondo che era ricco prima, il nostro, generando impoverimenti nelle fasce più deboli, ma anche offrendo loro prodotti a basso costo. Non c’è pensoso ipopensante che non senta il dovere d’iniziare la sue doglianze con richiami ai ritardi occidentali, alle insufficienze europee, alle divisioni democratiche, ma è la vittoria di quel che a loro sembra perdente ad avere migliorato il mondo. E a loro sembra perdente perché vi hanno perso le loro false certezze colorate.
Abbiamo vinto anche in Russia. Putin è una nostra vittoria. Per dirsi presidente ha dovuto organizzare le elezioni, rimaste la sola forma di legittimazione del potere. Non era così per lo zar, non era così per i sovietici. Lo è per lui perché abbiamo vinto noi. Poi, per vincere al suo interno, ha provveduto ad ammazzare e arrestare gli oppositori. Ma mentre qui si continuavano a biascicar dubbi e tremori sull’Occidente, al Cremlino lo si è temuto. Attaccandoci ha pensato pesassero i tremuli. Calcolo sbagliato. Perderà. Ha già perso. Dopo i No Global nostrani ha preso corpo un Anti Global imperialista, criminale e guerrafondaio. Vincerà il Sì Global. Nel vincere sarà imperfetto, squilibrato, continuamente in tensione, pieno di contraddizioni e di affaristi che si vendono la madre. Ci sarà sempre un Ivan Drago pronto a proclamare: «Io ti spiezzo in due». Ma perderà.
Chi la globalizzazione l’ha navigata anziché contrastarla, come la Cina, ne ha tratto un potere enorme. Tanto che oggi, per la prima volta nella Storia, può guardare la Russia dall’alto delle proprie ricchezza e forza. Ed è naturale che l’altalena della Storia riporti a galla identità reali o presunte, sogni e incubi, perché non tutto è contabilità e razionalità, perché esiste anche la passionalità. Vale per gli individui ma vale anche per i Paesi e le loro storie. Gli individui di sola passionalità li portano al manicomio, i Paesi nel baratro. Questa è la nostra imperfetta forza, la nostra bassa vetta, il nostro mescolare idealità e convenienza. Per i falliti nella vita e nella Storia queste sono debolezze, sicché sono sempre pronti a lamentare una soccombenza nella quale intimamente sperano.
Ma guardate il mondo che ci circonda, non abboccate alle geremiadi autodolenti, pensate alla vita dei vostri nonni, poi a quella dei vostri padri e guardate il mondo nel quale viviamo: è migliore perché abbiamo vinto noi. Solo che nulla è mai acquisito e tutto è sempre in discussione. Quindi i piagnucolanti guardino gli ucraini, ne osservino la determinazione, poi guardino i russi e ne vedano la rassegnazione. Putin può ammazzare e conquistare terra morta, ma ha già perso.
Di Davide Giacalone
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