Silvio Berlusconi ha occupato ancora una volta integralmente la scena e questo sembra il vero obiettivo intermedio, nell’attesa di capire se i voti reali alla fine ci saranno o no. Come sempre, le mosse dell’uomo non vanno lette con la sufficienza tipica di avversari che da decenni finiscono per restare regolarmente spiazzati dalle sue manovre.
Che la candidatura sia debole e per certi aspetti improbabile è nella realtà degli schieramenti, con il centrodestra che non avrebbe la forza di eleggerlo da solo al Colle, neppure riuscisse a mantenere una compattezza granitica ad oggi tutta da dimostrare. Piazzandosi come candidato di bandiera, però, e costringendo ciò che resta dell’antica alleanza a sostenerlo all’unanimità (con quanta sincerità è tutto da capire), il suo è l’unico nome ufficialmente sul terreno. Non un dettaglio.
Nessuno può sapere, lui per primo, se sopravviverà alle prime tre votazioni, in cui sarà impossibile eleggerlo, ma si ‘peserà’ la compattezza della coalizione, direttamente sulla sua candidatura o un’altra di comodo. Nel frattempo, gli avversari di sempre reagiscono come sempre: con quel misto di incredulità, indignazione e rabbia che loro più di tutti dovrebbero conoscere sin troppo bene ed evitare come la peste. Perché non funziona, non ha mai funzionato.
È incredibile come dopo quasi tre decenni gli anti-Berlusconi si ostinino a commettere il medesimo errore, cadendo in una trappola che abbiamo visto scattare non sappiamo più quante volte.
Sono già ripartiti, infatti, gli allarmi democratici, gli appelli alla ‘resistenza’, tutto l’armamentario di quei soggetti che al leader di Forza Italia devono un’intera carriera. Costituiscono il variopinto club che mostrando pubblicamente di detestarlo e descrivendolo come il demonio in terra hanno dato una ragion d’essere alla propria esistenza professionale e a quella di interi giornali o trasmissioni televisive.
Una manna – per loro – questa candidatura e pazienza se ci toccherà tornare al 1999 (odissea nel sempre uguale).
Gli altri nomi, a cominciare da Mario Draghi, restano sullo sfondo, insieme all’incapacità di far politica di troppi che credono di essere Napoleone e sono finiti ancora una volta a inseguire il vecchio Silvio.
di Fulvio Giuliani
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Tag: politica
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