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Spesa armata

È ridicolo pensare di poter contare negli equilibri del mondo senza affiancare a una strategia politica anche una forza militare. Da qui l’obiettivo del Governo Draghi: arrivare al 2% del Pil aumentando la spesa militare italiana.
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Spesa armata

È ridicolo pensare di poter contare negli equilibri del mondo senza affiancare a una strategia politica anche una forza militare. Da qui l’obiettivo del Governo Draghi: arrivare al 2% del Pil aumentando la spesa militare italiana.
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Spesa armata

È ridicolo pensare di poter contare negli equilibri del mondo senza affiancare a una strategia politica anche una forza militare. Da qui l’obiettivo del Governo Draghi: arrivare al 2% del Pil aumentando la spesa militare italiana.
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È ridicolo pensare di poter contare negli equilibri del mondo senza affiancare a una strategia politica anche una forza militare. Da qui l’obiettivo del Governo Draghi: arrivare al 2% del Pil aumentando la spesa militare italiana.

Laumento della spesa militare italiana, con lobiettivo approvato alla Camera a larghissima maggioranza di arrivare al 2% del Prodotto interno lordo, ha un rilevante e duplice effetto. Materiale (di cui ci occuperemo subito) e politico, che minaccia una serie di conseguenze a cascata sul governo Draghi.

Oggi lItalia spende l1,57% del Pil per la Difesa, apparentemente non così distanti dal traguardo del 2%. Frutto di un antico accordo in seno all’Alleanza Atlantica, trovato per permettere a ciascun Paese di partecipare, in proporzione alle diverse possibilità, delle spese necessarie alla difesa comune. LItalia non si è mai avvicinata all’obiettivo, collezionando una serie di richiami da parte delle amministrazioni statunitensi, fin dai tempi di Bill Clinton. Come dire, un altro mondo e unaltra era.

Lo 0,43% che ci manca per toccare quota 2% equivale a 13 miliardi di euro in più l’anno e può non apparire uno step gigantesco, ma il discorso si fa ben più complesso se analizziamo nel dettaglio la spesa per la Difesa. Al netto di qualsiasi ragionamento politico (ci sarà sempre una parte delle forze in Parlamento pregiudizialmente e legittimamente contraria a qualsiasi tipo di spesa militare e in qualsiasi percentuale), latavico dramma è la ripartizione, con uno squilibrio mostruoso sul costo del personale che arriva ad assorbire l’80% del totale rispetto all’aggiornamento dei sistemi darma e all’acquisizione di nuovi.

Nel mondo di oggi, parliamo di ciò che fa tutta la differenza immaginabile fra un apparato militare credibile e unelefantiaca macchina fine a sé stessa.

Qualsiasi aumento di spesa risulterebbe del tutto inutile, anzi controproducente, se non fossimo in grado di modificare radicalmente questo atteggiamento, indirizzando almeno il 20% dei fondi – come richiesto dalla Nato – a innovazione e ricerca. Come intuibile, il restante 80% non potrà andarsene solo in stipendi. Ridisegnare la spesa garantirà un salto di qualità al nostro apparato difensivo e costituirà il volano di una grande occasione economica.

Corriamo consapevolmente il rischio di essere definiti cinici o peggio, ma nel settore della Difesa lItalia vanta eccellenze assolute, il che significa poter garantire al Paese affari rilevantissimi, in un contesto geopolitico mutato non da nostre scelte ma dalla criminale aggressione di Vladimir Putin all’Ucraina.

A chi dovesse agitarsi o avanzare riserve morali per una prospettiva del genere, ricordiamo in tono sommesso ma fermo che è ridicolo pensare di poter contare negli equilibri del mondo, in particolare quello che emergerà dalla follia putiniana, senza affiancare a una strategia politica la necessaria deterrenza militare che la renda credibile. A livello europeo, s’intende, ma unItalia che non dovesse fare la sua parte sarebbe unItalia trascurabile, buona per la propaganda da pacifismo televisivo tanto cara a un pezzo di nostra politica. Esclusa dalla catena di decisione e comando e dalla possibilità di fare business.

A valle di tutto ciò, ed eccoci alla seconda catena di effetti, non può che esserci la politica. Spetterà alla politica scegliere e indirizzare, come fatto in questi giorni drammatici dal presidente del Consiglio Mario Draghi con ammirevole chiarezza.

Il voto liberamente espresso a Montecitorio per laumento delle spese militari, ricordato in apertura, non è un post su Facebook. È un impegno dal quale non ci si può sottrarre dopo 48 ore per pavidità o inconsistenza programmatica. Se Lega e Movimento Cinque Stelle ritroveranno antiche assonanze nel fare resistenza all’atlantismo di Draghi dovranno intestarsi le conseguenze. Spiegare quale ruolo immaginino per unItalia pacifista’ (nessuno vuole la guerra, ma scegliersi gli amici ci identifica e qualifica) in quell’Unione europea che loro stessi un giorno sì e laltro pure invocano cresca di peso politico, diplomatico e militare.

E dovranno convincere il Paese che queste titubanze non sono figlie di antiche – mica troppo – passioni e fascinazioni per chi ha dichiarato guerra ai nostri princìpi e valori.

  di Fulvio Giuliani

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