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C’era la vita

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Le immagini strazianti della stazione di Kramatorsk sono l’ennesimo simbolo di una vita che non c’è più, di un consapevole massacro di civili voluto da un dittatore ossessionato.

C’era la vita

Le immagini strazianti della stazione di Kramatorsk sono l’ennesimo simbolo di una vita che non c’è più, di un consapevole massacro di civili voluto da un dittatore ossessionato.
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C’era la vita

Le immagini strazianti della stazione di Kramatorsk sono l’ennesimo simbolo di una vita che non c’è più, di un consapevole massacro di civili voluto da un dittatore ossessionato.
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Ancora una volta dei trolley perfettamente integri, abbandonati fra i corpi, il sangue, i vestiti, gli oggetti personali di chi cercava una via di fuga dall’orrore. I trolley, le valigie su rotelle, resteranno per sempre uno dei simboli del massacro dei civili ucraini, scientemente cercato in queste cinque settimane di follia. I trolley abbandonati nella stazione di Kramatorsk, centrata da un missile arrivato dritto dall’abisso dell’abiezione umana. I trolley affianco ai pelouche, altra immagine devastante di questa guerra che sta ridisegnando il mondo. I bambini che fuggono portano con sè orsacchiotti e altri compagni di una vita che non c’è più, strappata loro da un essere che non può più dirsi umano. Perché quello che vediamo e ascoltiamo, ciò che ci viene raccontato da chi guarda con i propri occhi e tocca con le proprie mani non è una guerra. È un procedere disordinato verso la regressione. È un ‘Muoia Sansone con tutti i filistei’, il fallimento – l’ennesimo, diciamolo – di quel Paese che si credette superpotenza e si ritrovò in braghe di tela e oggi sta disintegrando la propria faccia, la propria dignità e la propria economia sull’altare di un dittatore ossessionato e del suo assurdo sogno imperialista. di Fulvio Giuliani

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