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Varate le politiche inattive del non lavoro

Mentre si dice che le cose devono cambiare non si fa che rinviarle. Un esempio? I naufragator, che tra il tira e molla tra Governo e Regioni sono stati nuovamente prorogati fino ad aprile 2022. Ulità? Alcuna.

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Varate le politiche inattive del non lavoro

Mentre si dice che le cose devono cambiare non si fa che rinviarle. Un esempio? I naufragator, che tra il tira e molla tra Governo e Regioni sono stati nuovamente prorogati fino ad aprile 2022. Ulità? Alcuna.

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Varate le politiche inattive del non lavoro

Mentre si dice che le cose devono cambiare non si fa che rinviarle. Un esempio? I naufragator, che tra il tira e molla tra Governo e Regioni sono stati nuovamente prorogati fino ad aprile 2022. Ulità? Alcuna.

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Mentre si dice che le cose devono cambiare non si fa che rinviarle. Un esempio? I naufragator, che tra il tira e molla tra Governo e Regioni sono stati nuovamente prorogati fino ad aprile 2022. Ulità? Alcuna.

Nel mentre ripetono a pappagallo il futuro avvento delle ‘politiche attive del lavoro’ – che se chiedi di spiegare in che consistano si comincia a navigare come all’interrogazione su Manzoni quando provi a dire che ti eri preparato su Cesare – mentre si dice che le cose devono cambiare non si fa che rinviarle, riproducendo le politiche inattive del non lavoro. I naufragator, creature nate dall’idea di denominare in un inglese degno di Nando Moriconi le assunzioni fatte per assumere e rendere non del tutto assistenzialista quel reddito di cittadinanza che resterà nella storia con i suoi creatori – ovvero il primo governo Conte e l’alleanza fra pentastellati e leghisti, prima che si dividessero odiandosi e poi ritrovarsi nuovamente alleati, giacché le vie del trasformismo sono infinite, ma anche infinitamente ridicole – i naufragator, dicevo, avevano contratti a termine che scadevano ad aprile. Quello passato. Sono stati prorogati a dicembre, così, per la semplice gioia di dimostrare che la dicitura contrattuale aveva lo stesso valore dell’intento alla base della legge, ovvero nessuno. Ora siamo a dicembre e che si fa? Colpo di genio: li affibbiamo alle Regioni. Le Regioni hanno risposto: ah genio, te li tieni te. E così siamo arrivati all’emendamento parlamentare al decreto Pnrr, che stabilisce una ulteriore proroga fino ad aprile 2022. Nella totale inutilità. Soldi buttati via. Ancora un piccolo sforzo e li mandiamo anche in pensione con un qualche scivolo, sia mai che debbano trovarsi un lavoro, quelli che per mestiere avrebbero dovuto trovare il lavoro ad altri. Ma la cosa suggestiva è che la Lega, dopo essere stata determinante nel varare la legge che li istituisce, ha stabilito che è una schifezza e va cancellata. Di tale avviso anche gli italoviventi di Italia Viva (ma dove li trovano, i nomi?). Poi, gli uni e gli altri, votano a favore dell’emendamento che proroga il costoso strazio. I retroscenisti sostengono sia il frutto di un qualche baratto con i 5 Stelle. Può essere, tutto può essere. Il punto è che queste cose accadono perché non si chiarisce abbastanza al cittadino contribuente, poi elettore, che quelli che barattano sono i soldi suoi. Ove fosse maggiormente chiaro prenderebbe corpo la sollecitazione a sbaraccare. Ora, nonostante il clima natalizio, si potrebbe avanzare un suggerimento: da qui all’aprile 2022, quando scadrà la proroga della proroga della proroga del nulla, chiunque sia stato favorevole e osi parlare di ‘politiche attive del lavoro’, sia attivamente fatto oggetto delle pacate e non violente critiche di quanti non trovano in sé stessi la vocazione a essere presi per le chiappe. di Gaia Cenol

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