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Zelensky come Dubček cattivi esempi per Mosca

L’attacco della Russia all’Ucraina presenta analogie con l’invasione della Cecoslovacchia del 1968. Il peccato originale di Zelensky, come quello di Dubček prima di lui, è stato quello di voler rompere il giogo della dipendenza da Mosca.
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Zelensky come Dubček cattivi esempi per Mosca

L’attacco della Russia all’Ucraina presenta analogie con l’invasione della Cecoslovacchia del 1968. Il peccato originale di Zelensky, come quello di Dubček prima di lui, è stato quello di voler rompere il giogo della dipendenza da Mosca.
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Zelensky come Dubček cattivi esempi per Mosca

L’attacco della Russia all’Ucraina presenta analogie con l’invasione della Cecoslovacchia del 1968. Il peccato originale di Zelensky, come quello di Dubček prima di lui, è stato quello di voler rompere il giogo della dipendenza da Mosca.
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L’attacco della Russia all’Ucraina presenta analogie con l’invasione della Cecoslovacchia del 1968. Il peccato originale di Zelensky, come quello di Dubček prima di lui, è stato quello di voler rompere il giogo della dipendenza da Mosca.
La notte del 20 agosto 1968, un’ora prima di mezzanotte, le truppe del Patto di Varsavia dislocate vicino al confine cecoslovacco per partecipare all’esercitazione militare “Neman” ricevono un ordine via radio. «Vltava-666» gracchiano all’unisono gli apparecchi dei mezzi sovietici. Le dita dei soldati scorrono leste le tabelle cartacee dei messaggi segreti, scoprendo infine che il codice riguarda l’apertura di una specifica busta fra le cinque sigillate che erano state loro consegnate e la conseguente distruzione delle altre quattro. Seguendo il comando trovato all’interno, quella stessa notte le forze armate di Unione Sovietica, Polonia, Ungheria, Romania e Germania dell’Est (anche se quest’ultima solo con alcune unità speciali) invadono la Cecoslovacchia da ben 18 punti differenti per mettere fine alla Primavera di Praga. L’aggressione fratricida scatena ondate di indignazione in Occidente ma si risolve comunque con un successo per l’intero blocco sovietico, che riesce in tale modo a bloccare la pericolosa fuga in avanti dell’esperimento riformista di Alexander Dubček verso il liberalismo e l’economia di mercato, scongiurandone un possibile effetto domino e sottomettendo il Paese per i successivi 31 anni. Le esercitazioni militari come scusa per l’ammassamento delle truppe, l’aggressione non dichiarata formalmente, il coinvolgimento di alleati per ampliare il fronte d’invasione, l’accusa di deviazione dallo status quo e persino i segni bianchi che i soldati sovietici dipinsero sui loro mezzi corazzati per distinguerli da quelli cecoslovacchi: tutto richiama la situazione attuale. Gli analisti Kamil Galeev e Edward Luttwak hanno infatti rilevato le numerose analogie tra tale operazione –  chiamata dall’Armata Rossa “Danubio” – e la cosiddetta “operazione militare speciale” che il criminale Putin ha scatenato contro l’Ucraina e che in mancanza di denominazioni ufficiali possiamo battezzare “Operazione Z”. LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI “CRONACHE DI GUERRA” Il peccato originale di Zelensky, come quello di Dubček prima di lui, è stato quindi quello di voler rompere il giogo della dipendenza da Mosca, per portare il Paese dei Girasoli nel novero delle grandi potenze occidentali. Entrambe le operazioni si propongono di correggere un’eresia rispetto all’ortodossia professata da Mosca, ma se nel 1968 il problema nasce dalla volontà di superare il modello economico comunista, nel 2022 il pomo della discordia risiede più semplicemente nella scelta di abbandonare l’eredità di un legame tossico. Nell’ottica putiniana l’eventualità della perdita dell’Ucraina come Stato vassallo è però inconcepibile: il sistema oligarchico russo, che non può sicuramente competere con il benessere economico sviluppato dalle democrazie occidentali, ha pensato quindi di copiare l’operazione militare più riuscita del regime sovietico per cercare di dimostrare di essere ancora una grande potenza. La differenza sostanziale è una: quando nel 1968 un Antonov An-12 carico di soldati chiese il permesso per un atterraggio d’emergenza alla torre di controllo dell’aeroporto di Praga, i compagni cecoslovacchi cascarono nel tranello permettendo ai paracadutisti russi di occupare l’infrastruttura; gli ucraini non sono stati invece ugualmente clementi con i loro aggressori.   Di Camillo Bosco

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