C’è tanto buon cinema (italiano)
Il pensiero di Andrea Occhipinti, capo della casa di produzione Lucky Red, sul cinema italiano: “Ci sono tantissimi film italiani interessanti. La produzione è esplosa”.
C’è tanto buon cinema (italiano)
Il pensiero di Andrea Occhipinti, capo della casa di produzione Lucky Red, sul cinema italiano: “Ci sono tantissimi film italiani interessanti. La produzione è esplosa”.
C’è tanto buon cinema (italiano)
Il pensiero di Andrea Occhipinti, capo della casa di produzione Lucky Red, sul cinema italiano: “Ci sono tantissimi film italiani interessanti. La produzione è esplosa”.
Il pensiero di Andrea Occhipinti, capo della casa di produzione Lucky Red, sul cinema italiano: “Ci sono tantissimi film italiani interessanti. La produzione è esplosa”.
«Spesso si parla del Festival di Cannes e più in generale “dei francesi”, per fare paragoni un po’ banali su quale sia il Festival più bello e importante. In realtà, dovremmo avere voglia di imparare da loro in un aspetto specifico: qualsiasi film vada sulla Croisette ha qualcosa di francese. Attenzione: non solo il regista o l’attore ma il produttore, lo sceneggiatore, il finanziatore e altre figure all’apparenza meno strategiche, ma in realtà importantissime per l’industria del cinema del Paese. A Cannes, vale anche per i film giapponesi. Badate, non è sciovinismo, è strategia e forse il direttore Alberto Barbera potrebbe integrarlo nel suo ottimo lavoro su Venezia».
Andrea Occhipinti, attore e oggi a capo della casa di produzione Lucky Red – una delle più dinamiche e coraggiose del panorama italiano – non ha dubbi su quanto il cinema tricolore debba avere il coraggio di andare a scuola da chi fa meglio determinate cose. Ospite di “Voci e storie a Venezia” (organizzato da “La Ragione” in collaborazione con Fondazione Ente dello Spettacolo e con l’agenzia Joydis), Occhipinti non si è sottratto al tema che il direttore della Mostra ha gettato a valanga sul suo mondo: la qualità del nostro cinema.
Secondo Alberto Barbera sono cinque i film italiani in concorso a Venezia, in questa 79esima edizione, perché un sesto che meritasse di esserci non l’ha trovato. Occhipinti non cerca polemiche ma espone una posizione differente e non poco: «Ci sono tantissimi film italiani interessanti. Quello che è vero è che la produzione è esplosa. Non la produzione di film, ma la produzione in generale, anche di serie tv. Ci sono molte più piattaforme che hanno bisogno di prodotto e, secondo me, presto alcune di queste non reggeranno la concorrenza. È inevitabile che aumentando di colpo la produzione si sottovaluti la qualità. Paradossalmente, però, è proprio così che si riesce a trovare il prodotto interessante. Per avere 20 film buoni (esagero) bisogna produrne 100. Il tax credit ha creato un boom, ma quando si corre si rischia anche di abbassare il livello».
Per questo, continua Occhipinti, non ha senso un intervento del governo sul cinema: è il settore che si deve autoregolamentare. «L’auspicio è quello di tornare alla normalità, ma questo non significa ai 105 giorni di attesa fra sala e piattaforme streaming e tv e neppure ai 90 di oggi per i film italiani. Punterei, piuttosto, sull’assoluta flessibilità fra prodotti diversi: è necessaria una finestra esclusiva – soprattutto per i grandi film che incassano tanto al cinema – ma penso che non ci debba essere una regola unica imposta dall’alto. L’equilibrio lo deve trovare chi ha investito». Il tema, insomma, resta quello di portare le persone a vivere l’emozione del cinema, in sala o a casa, con intelligenza e flessibilità.
A precisa domanda, Andrea Occhipinti non riesce a ricordare quale sia stato il primo film della sua vita ma non ha dubbi sulla prima pellicola ad avergli provocato un’impressione profonda: “Il Settimo Sigillo”. «Ricordo come se fosse oggi quanto abbia faticato ad addormentarmi, dopo la leggendaria partita a scacchi con la morte rappresentata nel film». Perché il cinema è questo: ti colpisce, ti scava nell’anima. Quando è fatto bene, s’intende. «Il paradosso è che viviamo in un’epoca in cui le immagini hanno preso il sopravvento. Un tempo il cinema era l’unico spettacolo visivo esistente, poi è arrivata la televisione e ora abbiamo un’offerta pazzesca, ma c’è una quantità di immagini che i giovani guardano e non sanno decifrare. Il paradosso è che i ragazzi non hanno un’educazione all’immagine. A scuola dovrebbero insegnare la storia del cinema, per decifrare e capire quello che si vede online. Avrebbero bisogno di un Virgilio che li accompagni in un mondo che farà sempre più parte della nostra vita. Oggi – conclude Occhipinti – è tutto un po’ fluido e per i ragazzi, che stanno perdendo la capacità di concentrazione, il cinema può essere uno splendido esercizio per riposare la mente».
Di Fulvio Giuliani
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