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Anno zero per la difesa europea, parla Stefano Cont

Intervista a Stefano Cont, direttore Capability, Armament and Planning dell’Eda, l’Agenzia Europea per la Difesa

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Se ne dibatte da anni, ma ormai il tempo stringe. Anzi, è già finito. Le parole della presidente della Commissione europea degli ultimi giorni sono apparse come un ultimatum. «Viviamo in tempi pericolosi, la sicurezza dell’Europa è minacciata in modo serio» ha ammonito Ursula von der Leyen. Da qui la necessità di «reagire con la rapidità necessaria», come sottolineato nel presentare il piano “ReArm Europe”. «È da vent’anni che l’Agenzia europea per la Difesa (Eda) ci lavora. Ma finora i trattati prevedevano che la difesa rimanesse competenza e responsabilità dei singoli Stati membri» spiega Stefano Cont, direttore Capability, Armament and Planning dell’Eda.

La crisi in Medio Oriente. Il conflitto in Ucraina alle porte dell’Europa. Il contesto globale di equilibri con gli Stati Uniti. Tutto questo ha riacceso il dibattito sulla necessità di una difesa comune. Che non significa soltanto maggiori collaborazione e interoperabilità, ma un cambio di strategia. «Negli ultimi trent’anni, dalla caduta del Muro di Berlino, questo tema non sembrava una priorità. Non essendoci una minaccia concreta, strutturata, reale e persistente, le attività erano soprattutto di peacekeeping, stabilizzazione e ricostruzione. Non comportavano necessariamente il coinvolgimento di una forte dimensione militare integrata. Oggi invece si parla di operazioni a maggior intensità e che richiedono anche tempi più rapidi di intervento» osserva Cont.

I capi di Stato sono chiamati a passare dalle parole ai fatti. Dalle dichiarazioni di intenti (come quelli dei vertici di Parigi e Londra) ad azioni concrete. D’altro canto la stessa von der Leyen ha parlato di un cambio «irreversibile» di tempi e di «relazioni euro-atlantiche». «Indubbiamente c’è stata un’accelerazione e occorre investire di più in difesa per due motivi. Anzitutto lo richiede la situazione internazionale, che necessita di spalle più larghe in termini di capacità militari. E poi va recuperato il periodo di underinvestment nel settore della difesa».

«Oggi serve colmare il deficit di capacità – continua Cont – perché in passato non abbiamo speso quanto dovevamo. La frammentazione tra i 27 Stati membri non permette inoltre un’economia di scala che invece consentirebbe acquisti a costi inferiori. Basti pensare che la spesa militare degli Usa è di circa 850 miliardi di euro, contro i 300-350 dell’Ue. Ma oltre al divario economico, occorre tener presente che l’Ue non conta su un terzo di capacità operativa. Insomma, c’è molto lavoro da fare».

Mancata uniformità, poca spesa, assenza di una struttura decisionale univoca sono i primi ostacoli da superare. «Una struttura politico-decisionale è oggi necessaria, proprio come accade nella Nato. Non occorre duplicare la parte operativa, ma andare oltre l’attuale situazione di una serie di nazioni. Che hanno certamente bisogno di una struttura decisionale comune di massimo livello».

Di Eleonora Lorusso

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