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Chi vuole il protettorato su Gaza

Marta Ottaviani: “Gaza non sarà più nella mani di Hamas. Finché Biden e Blinken sono nell’area, Israele non lancerà l’offensiva via terra”
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L’attentato Bruxelles delle scorse ore, arriva dopo quello in Francia, ad Arres, e dopo che anche il presidente statunitense, Joe Biden, ha chiaramente parlato del pericolo di azioni anche in America. L’allerta è stata innalzata anche in Italia, specie nei confronti di obiettivi sensibili, come ambasciate e luoghi di culto e come non accadeva da dopo l’11 settembre. Il timore è che la destabilizzazione che si è creata con il conflitto israelo-palestinese possa avere conseguenze anche nel mondo occidentale, in particolare in Europa e negli Usa. «È molto più che un effetto, è un sistema di vasi comunicanti: si stanno usando le rivendicazioni palestinesi (seppure legittime entro certi limiti) per muover guerra a tutto l’Occidente. In realtà la causa palestinese non è più un obiettivo, quindi il raggiungimento della condizione di “due popoli e due stati”, ma un mezzo per attaccare l’Occidente tramite una guerra non lineare, destabilizzando le società occidentali dall’interno», spiega Marta Ottaviani, giornalista e scrittrice, tra i massimi esperti di Turchia e conoscitrice attenta del mondo mediorientale. In questo contesto il ruolo di regia “occulta” dell’Iran, all’indomani dell’attacco di Hamas, è diventato non più occulto, con la minaccia di Teheran di intervenire se Israele proseguirà nella controffensiva, mentre preoccupano anche Libano e altri paesi arabi. «Finché il presidente statunitense Biden (atteso a Tel Aviv) e il suo segretario di Stato Blinken presidiano l’area, Israele non può entrare di forza a Gaza. Rimane, però, la chiusura del valico di Rafah da parte dell’Egitto, che invece è di fondamentale importanza per permettere ai civili palestinesi di fuggire dalla Striscia e quindi rimanere vittime della potenziale controffensiva di terra da parte di Tel Aviv. Purtroppo è una situazione in divenire, la diplomazia mondiale si sta muovendo su più livelli, sui quali ciascuno agisce in base ai propri interessi», sottolinea Ottaviani. Se Bliken è impegnato in una vera e propria shuttle diplomacy, la diplomazia navetta con continui colloqui con i principali interlocutori dell’area, anche Cina e Russia si sono mosse, avviando consultazioni con i Paesi arabi e lo stesso Israele. La domanda madre che però si rincorre da qualche giorno, è cosa ne sarà di Gaza. Gli oppositori di Tel Aviv pensano che Israele espanderà i propri confini, mentre i più cauti auspicano un dialogo e una sorta di trasferimento di poteri da Hamas ai palestinesi nella Cisgiordania. «Credo si stia andando verso una soluzione nella quale Gaza non sarà più nelle mani di Hamas, che è l’obiettivo prioritario. Ne ha bisogno anche il popolo palestinese, che ha bisogno di un interlocutore importante e forte per portare avanti le proprie istanze e risolvere una questione che ormai sta martoriando non solo il Medio Oriente, ma tutta la comunità internazionale da decenni – spiega Ottaviani – Un’ipotesi che sta prendendo piede è la creazione di un protettorato, sulla Striscia di Gaza». Qui potrebbero essere presenti diverse potenze internazionali e i “candidati” non mancano: «Tutti ne vorrebbero far parte: non solo l’Autorità Nazionale Palestinese, ma anche Israele, l’Egitto, gli Usa, la Gran Bretagna e forse anche l’Unione europea. Bisognerà, invece, stare attenti a lasciare fuori paesi come l’Iran, che si autoesclude, visti i messaggi che ha inviato, ma anche la Turchia e la Russia: non hanno alcun interesse a far sì che finalmente la pace regni nell’area, ma al contrario usano la questione palestinese per destabilizzare la regione», conclude Ottaviani. di Eleonora Lorusso

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