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Edna Angelica Calo Livne

Israele brucia come Gaza, parla Edna Angelica Calo Livne

Dal 7 ottobre sono circa 170mila gli evacuati israeliani. Edna, operatrice di pace, ci racconta quello che sta accadendo in Israele

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Israele brucia come Gaza, parla Edna Angelica Calo Livne

Dal 7 ottobre sono circa 170mila gli evacuati israeliani. Edna, operatrice di pace, ci racconta quello che sta accadendo in Israele

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Israele brucia come Gaza, parla Edna Angelica Calo Livne

Dal 7 ottobre sono circa 170mila gli evacuati israeliani. Edna, operatrice di pace, ci racconta quello che sta accadendo in Israele

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Dal 7 ottobre sono circa 170mila gli evacuati israeliani. Edna, operatrice di pace, ci racconta quello che sta accadendo in Israele

Se Gaza e Rafah soffrono, anche Israele brucia. Lo scrive il “The New York Times”, titolando “Israel’s North is burning” (il Nord di Israele sta bruciando): lo confermano le testimonianze che arrivano dagli abitanti che ancora resistono al confine con il Libano, da cui gli attacchi sono quotidiani. Edna Angelica Calo Livne – educatrice, operatrice di pace, insegnante presso l’Università della Galilea e scrittrice – vive a Sasa, a 1,2 km dalla frontiera: «La mia è una delle case più esposte. Eravamo in 450 abitanti tra adulti e bambini, ora siamo rimasti in 40» ci racconta. «Gli attacchi degli Hezbollah sono aumentati, gli ultimi missili hanno colpito anche la nostra fabbrica e l’auditorium». Dal 7 ottobre sono 170mila gli evacuati israeliani. Ben 14.600 sono bambini che – come quelli di Gaza e Rafah – non possono andare a scuola. Da mesi risuonano le sirene, molti istituti sono distrutti: «Purtroppo in questa guerra la sofferenza non risparmia nessuno. Mio marito è nato qui e sta rivivendo la stessa situazione di quando era piccolo. Ma gli israeliani sono un popolo che non si piange addosso, così anche in questa circostanza abbiamo cercato di organizzare una scuola improvvisata nella zona del lago di Tiberiade che accolga bambini e giovani da zero a 18 anni provenienti da tre kibbutz, presso i rifugi di precedenti bombardamenti» spiega Edna. Lei è madre di quattro figli e già nonna, ma molti genitori hanno dovuto lasciare il lavoro per tenere i bambini o per andare in guerra come riservisti.

La crisi economica sta poi colpendo duro anche Israele. Ma anche in queste condizioni la donna rimane sostenitrice del dialogo interreligioso: «Da 24 anni gestisco un teatro di ragazzi e adulti, ebrei e arabi della Galilea che lavorano insieme. Ho portato avanti diversi progetti con l’Unione europea come expert trainer di educatrice alla pace». Edna è anche coautrice di un libro (“Sentieri di pace”) che conferma la sua convinzione: «Io ci credo ancora: non possiamo vivere qui se non troviamo il modo di parlare con tutti coloro che ci circondano. Ma il problema sono i terroristi con cui non si può dialogare, come del resto accadeva con i nazisti durante la Seconda guerra mondiale». Edna non nasconde di partecipare alle manifestazioni del sabato contro il governo di Tel Aviv, ma la liberazione degli ostaggi resta indispensabile: «Noi vogliamo mantenere la democrazia e porre fine alla crisi, vorremmo un accordo con i palestinesi, ma ricordiamo che se non ci fosse stato il 7 ottobre non ci sarebbe questa guerra. Vivian Silver – una dei primi ostaggi di Hamas, poi trucidata in modo orribile – era una mia carissima amica. Aveva fondato “Guerriere della pace”, ma è stata tra le prime rapite a essere uccisa. Questo è il problema: con la normalizzazione dei rapporti tra i due popoli non ci sarebbe più motivo per cacciarci “dal fiume al mare”. I terroristi non vogliono la pace né chi la media» conclude.

Di Eleonora Lorusso

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