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L’Italia non sopporta la libertà sessuale, parla Tinto Brass

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“L’Italia non sopporta la libertà sessuale. I francesi sono più anarchici, meno spaventati dal corpo. Per loro l’erotismo è cultura, è filosofia. Per noi è peccato, è il sospetto, è il complesso della parrocchia che non ci scrolliamo di dosso”, le parole di Tinto Brass

Tinto Brass

L’Italia non sopporta la libertà sessuale, parla Tinto Brass

“L’Italia non sopporta la libertà sessuale. I francesi sono più anarchici, meno spaventati dal corpo. Per loro l’erotismo è cultura, è filosofia. Per noi è peccato, è il sospetto, è il complesso della parrocchia che non ci scrolliamo di dosso”, le parole di Tinto Brass

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L’Italia non sopporta la libertà sessuale, parla Tinto Brass

“L’Italia non sopporta la libertà sessuale. I francesi sono più anarchici, meno spaventati dal corpo. Per loro l’erotismo è cultura, è filosofia. Per noi è peccato, è il sospetto, è il complesso della parrocchia che non ci scrolliamo di dosso”, le parole di Tinto Brass

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«L’Italia non sopporta la libertà sessuale. I francesi sono più anarchici, meno spaventati dal corpo. Per loro l’erotismo è cultura, è filosofia. Per noi è peccato, è il sospetto, è il complesso della parrocchia che non ci scrolliamo di dosso». A parlare in questa intervista a “La Ragione” è Tinto Brass, regista e maestro del cinema italiano sul potere ed erotico, un cineasta che in Francia da tempo hanno messo nel Pantheon dei geni. «Diciamocelo, se fossi davvero un genio non farei film sui culi: farei film su come ingannare il fisco. Quello sì che è un argomento che in Italia ti rende immortale!».

Ma la narrazione di Brass non è mai stata sulle tasse bensì sul potere (e sulla libertà del sesso come rivoluzione). È del 1976 “Salon Kitty”, una pellicola in cui un casino, nella Berlino nazista, diventa il luogo per mettere a nudo l’autorità e le sue angherie. «Il casino non è un luogo, è un meccanismo» spiega il regista.

«All’epoca di “Salon Kitty” il potere aveva ancora bisogno di una casa chiusa per svestirsi e mostrare la sua vera natura, fatta di meschinità e mutande sporche. Oggi viviamo tutti in un gigantesco bordello virtuale, aperto 24 ore su 24. I social network, la politica urlata in tv, le aule del Parlamento, le redazioni non sono altro che succursali di “Salon Kitty”, solo con una regia molto meno raffinata. L’osceno del Potere è diventato reality show, non serve più la penombra. E la cosa più avvilente è che non scandalizza più nessuno» spiega.

Su questa riflessione l’obiezione è immediata: oggi il sesso non è più libertà? «Lo sarà sempre perché non c’è algoritmo, filtro o influencer che tenga. La Rete e i social hanno fatto una cosa meravigliosa e terribile: hanno reso il corpo onnipresente, ma hanno anche trasformato la seduzione in una transazione commerciale, in performance da like. La vera libertà erotica sono la spontaneità e il gioco. Quello che si trova in Rete è spesso sesso controllato, sesso anestetizzato. In un contesto in cui la sessualità è costantemente politicizzata, l’autoerotismo a cellulare spento è la vera trasgressione. Lì non c’è censura».

«La masturbazione sta lì, intoccabile, come l’unica espressione di sessualità totalmente immune dalla giurisdizione. È un atto che non può essere denunciato né legalizzato né vietato, perché è pura autonomia, l’unica zona franca di piacere che resta. Perché il consenso è intrinseco: lo dai e lo ricevi da te stesso. D’altronde intuii come sarebbero evolute le cose quando scrissi una sceneggiatura che aveva come protagonista un personaggio che faceva della masturbazione un atto di dissenso radicale contro il sistema. Un progetto che proposi a Klaus Kinski, che però rifiutò, trovandolo troppo radicale. Ma che ora trova luce in “Dna – La storia di T”, il romanzo che sto scrivendo a quattro mani con mia moglie Caterina Varzi» afferma.

Nella sua rivoluzione artistica rispetto ai conformismi Tinto Brass ha toccato anche il tema del lavoro (suo il film “Chi lavora è perduto” del 1963). Per essere liberi oggi bisogna esser ricchi? «La ricchezza è una scorciatoia per la libertà: ti compra il tempo e ti risparmia l’umiliazione del capufficio» sostiene Brass. «Ma la libertà comprata è come l’amore a pagamento: piacevole, ma non è l’originale. La libertà del sesso è più potente, più democratica e, soprattutto, più immediata. Non devi aspettare la busta paga per godertela. Il sesso ti libera, senza contabili né banche, e l’erotismo è il modo per evadere con gioia dal regime del tempo lavorativo».

Quanto ai vizi dell’Italia, in un suo libretto di un po’ d’anni fa (“L’elogio del culo”), Brass ha scritto: non basta un bel culo per fare carriera, serve anche una mano che lo spinga avanti. Una critica al Belpaese? «È la critica a questo Paese meraviglioso e disperato. Il culo è il merito, il talento, la bellezza naturale, l’arte. La mano che spinge è la raccomandazione, l’intrallazzo, la lobby, la tessera del partito, l’amico dell’amico, il “mi manda Picone”. L’Italia è il Paese dove l’oscenità è il groviglio di favori, l’assenza di meritocrazia. E questo è peggio di qualsiasi scena di sesso esplicita. È deprimente».

di Massimiliano Lenzi

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