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Livia Pomodoro: «Mai smettere di conoscere»

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Difficile raccontare Livia Pomodoro in poche righe. È stata fra i primi magistrati donna in Italia, in tempi in cui la toga sembrava quasi esclusivo appannaggio degli uomini. Oggi dirige un teatro

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Livia Pomodoro: «Mai smettere di conoscere»

Difficile raccontare Livia Pomodoro in poche righe. È stata fra i primi magistrati donna in Italia, in tempi in cui la toga sembrava quasi esclusivo appannaggio degli uomini. Oggi dirige un teatro

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Livia Pomodoro: «Mai smettere di conoscere»

Difficile raccontare Livia Pomodoro in poche righe. È stata fra i primi magistrati donna in Italia, in tempi in cui la toga sembrava quasi esclusivo appannaggio degli uomini. Oggi dirige un teatro

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Difficile raccontare Livia Pomodoro in poche righe. Un vissuto che ha attraversato epoche così diverse, durante le quali è stata a stretto contatto con grandi personalità ma anche con cittadini qualunque. È stata fra i primi magistrati donna in Italia, in tempi in cui la toga sembrava quasi esclusivo appannaggio degli uomini. Ha ricoperto cariche apicali che mai, prima di lei, erano state assegnate a una donna. Presidente del Tribunale dei minorenni di Milano e del Tribunale del capoluogo lombardo.

Pomodoro considera l’attualissimo tema del gender gap come «ormai già superato», convinta che «ogni battaglia si debba semmai giocare sull’individualità». Preferisce evitare invece i temi legati alla giustizia, non occupandosene più da tempo. Ammettiamolo: non è semplice intervistarla. Alle domande che sente più vicine a sé risponde con disponibilità, ad altre replica piccata, ad altre ancora non risponde proprio. In un’intervista rilasciata anni fa ad Antonio Gnoli de “La Repubblica”, in cui già veniva sottolineata una certa difficoltà nel porle delle domande, il giornalista osservava di aver avuto l’impressione di trovarsi dinanzi a una donna molto sola.

Provo a chiederle se è vero, se si sente davvero così: «Non ricordo questa intervista, ma le assicuro che io non mi sento tale, anzi! La mia vita è fatta di continue relazioni». Moltissime relazioni certamente. Tante di lavoro, al quale la Pomodoro non rinuncia nemmeno ora che sarebbe il momento del riposo. Dopo una vita trascorsa a prendere decisioni che avrebbero tolto il sonno a chiunque.

Nata a Molfetta (in provincia di Bari) 85 anni fa, bolla l’età come «soltanto un numero». Ama definirsi «un’intellettuale prestata alla giustizia». La sua famiglia d’origine è composta da molti artisti. Due zii d’eccellenza come Arnaldo e Giò Pomodoro. Una sorella gemella attrice (Teresa Pomodoro, scomparsa nel 2008) e fondatrice del Teatro No’hma, di cui ha raccolto la direzione artistica.

«È un teatro in cui non si paga il biglietto perché la conoscenza deve essere alla portata di tutti». Del resto, tutto il suo mondo si basa sulla ricerca costante del sapere. A cominciare dal viaggio iniziato due anni fa con alcuni dei suoi collaboratori nelle principali abbazie d’Europa. «Sono contraria a quei viaggi che non abbiano un fine. Siamo già tutti così terribilmente ignoranti… Si tratta di un progetto correlato alla cattedra Unesco “Food: Access and Law” affidatami presso l’Università statale di Milano. Nasce dalla convinzione che la vera identità europea, oggi più che mai, sia da ricercarsi nel pellegrinaggio laico-etico. Abbiamo cominciato nel luglio del 2023 a Canterbury e finiremo il prossimo dicembre a Roma in occasione della chiusura delle porte sante del Giubileo».

Un’esperienza concepita dopo aver letto alcuni testi di Goethe. Che per primo compì un lungo viaggio di ispirazione in Italia raccontato poi nei due volumi “Italienische Reise”. E lei cosa ha tratto finora da questo viaggio? «Mi ha colpito notare come, in molti territori europei, si educhino in maniera del tutto naturale giovani e anziani a stare assieme. La vita vissuta solo per sé stessi non ha senso». Un senso importante la Pomodoro lo ha trovato nella passione per il teatro, dove accoglie personalmente il suo pubblico a ogni spettacolo.

«Il mio teatro è sempre sold out e non perché sia gratis, ma perché offriamo spettacoli che arricchiscono persone provenienti da tutto il mondo. Tra gli spettatori ci sono infatti anche moltissimi giovani del progetto Erasmus che qui si sentono a casa loro. Abbiamo per esempio un gruppo affezionato di giovani del Mali. Una volta volevano entrare senza prenotazione. Mi sono fermata a parlare con loro incuriosita dalla lavagnetta su cui avevano scritto “Mi raccomando alle 20:30 dovete essere davanti al teatro”. Alla fine li ho fatti entrare».

I ragazzi vanno aiutati, di questo Pomodoro è convinta. Sta preparando un documento (di cui non vuole anticipare nulla) proprio sulle fragilità che piegano le nuove generazioni. «Cominciano dagli adulti, che poi le trasferiscono ai più giovani» fa notare. Nella rappresentazione dell’ex magistrato, la società appare come un circolo virtuoso dove non esistono categorizzazioni, in cui tutte le parti in gioco si muovono verso un unico ideale di benessere collettivo. «Osservare la realtà attorno a noi senza distinzione di età è un esercizio abbastanza complesso. Se lo facessimo, potremmo scoprire che il mondo può apparirci molto diverso da come lo immaginiamo» conclude.

Di Ilaria Cuzzolin

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