Israele-Libano: “Rivedere le regole di ingaggio di Unifil”
Parla Dentice (Ce.S.I.): “L’Italia rafforza la sua immagine di mediatore, ma per la pace a Gaza occorre una volontà che ancora manca”
Il raid israeliano a Beirut contro il numero 2 di Hezbollah è la risposta che ci si aspettava dopo l’attacco contro giovani drusi sulle alture del Golan. L’eliminazione del leader di Hamas Ismail Haniyeh il fatto che può cambiare le regole del gioco nei prossimi mesi.
“Il pallino era in mano a Israele, ora si deciderà il futuro del Medio Oriente”, commenta Giuseppe Dentice, analista responsabile Medio Oriente e Nord Africa del Centro Studi internazionali – Ce.S.I. Ora si teme un’estensione del conflitto già in corso a Gaza, con un’attenzione particolare alla missione Unifil, di cui si è discusso anche nelle scorse ore. “Ad essere in discussione non è il suo mandato, quando le regole di ingaggio”, continua Dentice. “Con una crescente escalation nell’area, sono aumentati i rischi per i militari di Unifil: per questo o cambiano le regole di ingaggio o la missione stessa rischia di diventare un bersaglio. C’è chi controargomenta sostenendo che proprio la presenza dei caschi blu dell’Onu potrebbe evitare il peggio. Ma è una motivazione che rischia di essere debole, se succedesse l’irreparabile. Per questo anche l’Onu sta valutando la situazione con attenzione, insieme ad alcuni altri attori molto importanti, come l’Italia stessa (che è presente con circa 1.000 militari), la Francia e la Spagna. Ora si gioca una partita su più tavoli in cui proprio l’Italia ha un interesse particolare”.
Italia che ha ospitato nei giorni scorsi il vertice a Roma per tentare una mediazione tra Hamas e Israele con l’obiettivo di raggiungere la fine delle ostilità. “L’incontro è stato importante soprattutto per l’Italia, perché ha permesso di ribadire il ruolo diplomatico di Roma, come piattaforma di dialogo. Ma anche perché ha confermato l’immagine dell’Italia come attore e operatore che facilita il dialogo. Da questo punto di vista si è ottenuto un buon risultato, ma a conti fatti non ha portato a una svolta: la situazione è in stallo totale”, sottolinea l’analista. “Israele continua a ribadire di voler restare dentro Gaza con ruolo primario anche nel futuro, garantendo anche la sicurezza dei confini e trovando, in questo, lacontrarietà egiziana. Dall’altra parte c’è Hamas, che fa un gioco esattamente speculare: mostra l’intenzione di trattare, ma protrae il più possibile i negoziati. Nel mezzo c’è Gaza con la popolazione civile che subisce le azioni sia di Israele che di Hamas”.
Restano i dubbi su incontri ai quali siedono soprattutto i rappresentanti dei servizi di sicurezza e intelligence invece che della diplomazia vera e propria: “Questi incontri in realtà non aiutano ad arrivare a una sintesi, perché le posizioni sono cristallizzate e riflettono giochi di forza nei quali nessuno ha intenzione di recedere o arretrare di un millimetro. Le agenzie di sicurezza agiscono per conto di mediatori nazionali in un’area nella quale la politica di sicurezza è una sorta di continuazione della politica stessa. Questa concezione è diametralmente opposta alla nostra, che invece prevede che gli attori politici non decidano necessariamente azioni di tipo securitario”, osserva Dentice.
Certo la stessa premier, Giorgia Meloni, ha osservato come il nuovo fronte libanese sembra essersi aperto proprio quando sembrava di essere vicini a una pace: “Si potrebbe pensare a una sorta di sabotaggio, ma la verità è che diversi attori – non solo Hamas e Israele – che hanno interessi a creare un clima ostile alla piena risoluzione del conflitto. Ad oggi mancano la pace, i suoi contenuti e le possibili strade per arrivarci”, conclude Dentice.
Di Eleonora Lorusso
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