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La ricchezza ucraina, parla Giuseppe Sabella

Le parole di Giuseppe Sabella, direttore del think tank Oikonova e autore del saggio “La guerra delle materie prime e lo scudo ucraino” (Rubbettino 2022)

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Kyiv – A integrazione dell’articolo di Federico Bosco che ieri su queste pagine – dando conto di uno studio del think tank Bruegel – passava in disamina le ragioni per cui l’ingresso dell’Ucraina nell’Ue sarebbe un buon affare per entrambi, è doveroso osservare che gl’indici e i dati analizzati dall’istituto di studio citato fanno sempre riferimento a un’Ucraina mutilata dei suoi territori più ricchi e tengono conto di proiezioni (low growth e high growth scenario) legate a statistiche condizionate dal quadro bellico. L’Ucraina viene inoltre descritta come «un Paese così grande e così povero» laddove invece è un’autentica miniera di materie prime e terre rare, che non solo la rendono indipendente a livello energetico (l’inverno appena trascorso, per esempio, ha visto Kyiv contare esclusivamente sul proprio gas) ma sono in grado di farne l’autentico game changer di un’Europa che viaggia verso la transizione energetica e la carbon neutrality. Putin l’ha invasa per le stesse ragioni che portarono gli zar a definirla «la gemma più preziosa della corona», cercando d’accaparrarsi quelle enormi ricchezze che non si limitano più a grano, mais, zucchero, minerali e petrolio ma costituiscono oggi il cuore del nuovo mercato.

Ne abbiamo parlato con Giuseppe Sabella, direttore del think tank Oikonova e autore di un saggio divenuto ormai un riferimento in questo ambito: “La guerra delle materie prime e lo scudo ucraino” (Rubbettino 2022). «C’è un filo rosso che lega la Grande transizione dell’Europa alla crisi ucraina. Anzitutto, Putin ha diretto l’esercito russo verso Kyiv pochi mesi dopo che l’Ucraina aveva aderito all’Alleanza europea sulle batterie e sulle materie prime (luglio 2021), firmato con Bruxelles un partenariato strategico e avviato un progetto comune (ottobre 2021) per l’estrazione di litio dai due depositi di Dobra, a Shevchenkivske, nelle regioni di Kirovohrad e Donetsk (nella fattispecie, proprio nei pressi della città martire di Mariupol’)».

Sabella sottolinea inoltre che le esplorazioni geologiche del sottosuolo ucraino che hanno portato alla scoperta di ricchi giacimenti di litio e terre rare sono recenti: «Sulla base delle ricerche condotte, l’Ucraina (insieme alla Serbia) in questo momento si stima abbia il maggior potenziale d’“oro bianco” – così chiamano il litio in ambito finanziario – del Vecchio Continente e circa un terzo delle riserve minerarie dell’intera regione europea. È noto quanto il litio sia essenziale per lo sviluppo dell’industria delle batterie e per la trasformazione della mobilità legata al passaggio dal motore endotermico a quello elettrico. Le terre rare, invece, sono fondamentali non solo per la produzione dei nuovi motori elettrici, di smartphone e televisori, ma anche per tutta la filiera eolica, per la fibra ottica e per quella della diagnostica medica». Anche per questo, ricorda Sabella, l’Ucraina è così importante: «Non a caso i russi ne hanno aggredito e invaso subito i territori col più alto valore strategico: l’Ucraina orientale è la seconda più grande riserva d’Europa di gas naturale; le oblast’ di Luhansk e Donetsk ospitano enormi giacimenti di shale gas; nella Crimea occupata vi sono rari giacimenti energetici offshore. Ma l’obiettivo vero di Putin è quello che i geologi chiamano “scudo ucraino”, cioè quella Terra di mezzo compresa tra i fiumi Dnister e Buh che s’estende fino alle rive del Mar d’Azov, nel Sud del Donbas. L’area totale della sua superficie è di circa 250mila km2. In termini di potenziale di risorse minerarie generali, lo scudo ucraino non ha praticamente eguali in Europa e nel mondo. Non solo litio e terre rare: all’interno di questa zona geologica si trovano anche grandi riserve minerarie di ferro e manganese, uranio, titanio e zirconio, oltre a pietre preziose e semipreziose, materiali da costruzione (come il granito estratto di alta qualità). Tutte materie prime essenziali per leghe leggere e acciai ma anche come combustibili per la produzione d’energia nelle centrali nucleari».

Ricerche tempestive e approfondite come quella di Giuseppe Sabella spiegano dunque che l’Ucraina è tutt’altro che uno dei Paesi più poveri del Continente ma quello semmai più ricco di quelle risorse che sono oggi in grado di spostare gli equilibri di un’economia incentrata sulla transizione energetica, rendendo – al di là della comunanza valoriale – l’ingresso di Kyiv nell’Unione ben più che un buon affare.

di Alla Perdei e Giorgio Provinciali

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