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Macron e la crisi del macronismo, parla Manlio Graziano

Manlio Graziano, esperto di geopolitica e docente presso la Sorbonne: “In Francia sta crescendo il sentimento antieuropeista”

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La crisi di governo francese era ampiamente prevista. A non esserne sorpreso è stato lo stesso Emmanuel Macron che dall’Arabia Saudita, dove si trovava quando veniva votata la mozione di sfiducia al primo ministro Michel Barnier, «non ha mosso un ciglio, rassicurando che avrebbe risolto la questione», come spiega oggi Manlio Graziano, esperto di geopolitica e docente presso Sciences Po Paris e la Sorbonne. «La kermesse parlamentare di lunedì 2 dicembre è stata il quasi inevitabile esito di due istanze: una di lungo-lunghissimo periodo e una più corta e meschina, in corso dalla dissoluzione dell’Assemblea nazionale il 9 giugno scorso» osserva ancora il fondatore del Nicholas Spykman International Center for Geopolitical Analysis. «Nel primo caso riguarda l’uso del denaro pubblico per far fronte a qualunque problema. La scuola non funziona più e alimenta discriminazioni e disuguaglianze? Diamo più soldi ai professori. Gli agricoltori protestano perché non vogliono le misure di salvaguardia dell’ambiente? Diamo più soldi agli agricoltori. L’industria X va male e rischia la bancarotta? Diamo più soldi all’industria X. I casi di violenza domestica crescono fuori controllo? Diamo più soldi a polizia e cellule di soccorso psicologico. E così via» spiega Graziano. «D’altro canto, però, oggi non è più possibile fare ricorso al denaro pubblico per risolvere i problemi: la Francia non stampa l’euro autonomamente né l’inflazione può giovare all’economia d’Oltralpe».

A tutto questo si aggiunga la crisi del macronismo, «che di fatto non è mai esistito: Macron è partito nel 2017 con una posizione velatamente socialdemocratica unita a istanze liberiste. Ma progressivamente si è spostato a destra, dopo le proteste dei gilet jaune, per recuperare consenso popolare, ad esempio con politiche anti-migratorie. Ma il calcolo è stato sbagliato: l’elettore sceglie sempre l’originale e non la copia, per questo Le Pen è cresciuta. Macron ha tentato di cavalcare una tendenza all’estremismo di destra che si diffonde in Europa, ma senza il risultato sperato» sottolinea Graziano. Ora il rischio è che la crisi francese abbia ripercussioni in Europa, complice la congiuntura economica tedesca: «In Francia sta crescendo il sentimento antieuropeista: si attribuisce la colpa del drammatico debito pubblico al rigore di Berlino, mentre a Berlino si teme che il debito pubblico di Parigi possa pesare sulle tasche dei tedeschi, peggiorando la congiuntura».

Il 2024, che doveva essere un anno di splendore per la Francia, rischia dunque di diventare un annus horribilis: le Olimpiadi di Parigi sono state una vetrina, ma non senza incidenti diplomatici (come all’inaugurazione) e organizzativi (vedasi l’inquinamento della Senna e l’impatto sulle gare). Ora si inaugura Notre-Dame, orgoglio parigino dal momento che le maestranze che hanno lavorato alla ricostruzione dopo l’incendio del 2019 sono tutte transalpine, ma la cerimonia arriva in un momento delicato per il Paese. «In Francia i Giochi olimpici sono stati considerati un successo, ma i lavori a Notre-Dame sono ritenuti troppo costosi a fronte delle difficoltà economiche» osserva l’analista. «Macron teme anche di essere offuscato dalla presenza ingombrante di Trump alla cerimonia, mentre mira ad attribuirsi il successo della ricostruzione in tempi record e a guadagnarsi un posto nella storia, come prima di lui hanno fatto Mitterand con la Biblioteque National de France e Chirac con l’omonimo museo (entrambi inaugurati senza essere terminati, come per Notre-Dame). Ma rischia soltanto di lasciare ai posteri un ricordo tutt’altro che positivo».

di Eleonora Lorusso

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