Perché le navi italiane possono fare poco per la Flotilla, parla l’ammiraglio Fabio Caffio
Le navi della Marina militare proteggeranno i cittadini italiani, parlamentari e non, a bordo della Global Sumud Flotilla, ma soltanto in acque internazionali

Le navi della Marina militare proteggeranno i cittadini italiani, parlamentari e non, a bordo della Global Sumud Flotilla, ma soltanto in acque internazionali. La precisazione è arrivata dal ministro della Difesa Guido Crosetto con un’informativa urgente a Camera e Senato, nella quale ha sottolineato la pericolosità della missione e i limiti dell’azione italiana. L’intervento sarà comunque di basso profilo, come ha lasciato intendere anche l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, già capo di Stato maggiore e ministro della Difesa, secondo cui non basterà la semplice presenza di droni a far scattare un’azione da parte delle nostre navi.
Spiega l’ammiraglio Fabio Caffio, membro del Centro studi di geopolitica e strategia marittima CeSMar: «L’eventuale intervento non sarà di natura offensiva, ma di assistenza in mare a chi fosse in difficoltà». L’invio della fregata “Alpino”, che subentrerà alla “Fasan” inizialmente indirizzata sul posto in quanto già presente nel Mediterraneo con compiti antipirateria, è «una misura basata sul diritto di ogni Paese a tutelare i propri cittadini all’estero, anche quando, come nel nostro caso, si trovino in acque internazionali».
Ma cosa accadrà se, come confermato dai portavoce della Global Sumud Flotilla, le imbarcazioni degli attivisti intenderanno entrare in acque israeliane?
Una delle questioni centrali è cosa accadrà se, come confermato dai portavoce della Global Sumud Flotilla, le imbarcazioni degli attivisti intenderanno entrare in acque israeliane: «Tutti hanno il diritto di manifestare liberamente e pacificamente in alto mare il proprio pensiero» ricorda ancora l’esperto, riferendosi al pronunciamento della Corte arbitrale riguardo al caso dell’imbarcazione “Sunrise”, battente bandiera olandese, quando attivisti di Greenpeace cercarono di fermare militari di Mosca in segno di protesta contro le trivellazioni nella Zee russa dell’Artico. Ma Caffio sottolinea anche come Israele abbia il diritto, al pari di ogni altro Stato sovrano, di difendere la propria integrità territoriale, soprattutto in uno scenario bellico.
Un altro precedente risale al 2010
E ricorda un altro precedente che risale al 2010: all’epoca la Freedom Flotilla, anch’essa carica di aiuti per Gaza e battente bandiera turca, tentò di forzare il divieto di ingresso in acque israeliane. Ne seguì uno scontro con la morte di alcuni cittadini turchi e le proteste di Ankara per la sproporzione nella risposta di Tel Aviv. Oggi lo scenario è analogo e il ministro Crosetto ha ricordato che l’azione italiana si limiterà alle acque internazionali con compiti di protezione.
Nello specifico la fregata “Fasan” – dotata di missili superficie-aria, antinave, siluri per la caccia ai sottomarini e due cannoni – è nota come “nave ammazzadroni” dopo che nell’aprile 2024 abbatté un drone ostile degli Huthi yemeniti mentre scortava un mercantile nel Mar Rosso, nei pressi dello stretto di Bab el-Mandeb. Si era trattato della prima azione di questo tipo per una unità della Marina militare. «Penso che le unità italiane possano limitarsi a questo tipo di azione, un abbattimento di eventuali droni ostili, perché potranno solo difendere le imbarcazioni della Flotilla, non certo attaccare» afferma un altro ex alto ufficiale della Marina militare, che preferisce mantenere l’anonimato.
«Purtroppo l’operazione è molto complicata, soprattutto perché la Flotilla non si muove secondo regole ben precise, non è un convoglio militare o mercantile che possa rispondere a eventuali indicazioni fornite dalle unità della Marina. Da un punto di vista operativo, inoltre, in caso di spari – come avvenuto in passato contro il drone lanciato dagli Huthi – ci sarebbe anche il serio rischio di colpire involontariamente o mettere in pericolo le stesse imbarcazioni che portano aiuti a Gaza» aggiunge.
Flotilla, in che modo gestire una situazione di questo tipo
Il tema è dunque in che modo gestire una situazione di questo tipo: «La questione andrebbe a mio parere affrontata in modo politico, non militare» ragiona l’ex alto ufficiale. «Ma ormai gli israeliani hanno deciso di non arretrare, hanno annunciato che chiunque volesse tentare un ingresso nelle proprie acque o un attracco in un porto non autorizzato (come quello di Ashkelon, indicato come possibile punto di arrivo della Flotilla) sarà considerato terrorista. E infine hanno dimostrato di mettere in conto anche eventuali danni collaterali».
di Eleonora Lorusso
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