Riccardo Meggiato: “Siamo tutti a rischio deep fake”
Riccardo Meggiato: “Siamo tutti a rischio deep fake”. Intervista all’esperto di informatica forense e cybersecurity

Il recente caso dei siti sessisti ha aperto uno squarcio su una realtà sottovalutata da molti, ma non dagli addetti ai lavori. La notizia che sarebbero stati coinvolti anche bambini è infatti arrivata poco prima che il Garante dei minori emanasse specifiche linee guida dirette ai genitori, con indicazioni sulla pubblicazione di foto dei figli o di giovanissimi in genere. Come dimostra il caso di Phica.eu, è molto elevato il rischio che, una volta finite online, le immagini possano essere utilizzate in modo scorretto: «La probabilità che fossero presenti scatti di minorenni è molto più che fondata. È un tema delicato, ma posso confermare che oggi pubblicare fotografie o video di bambini è semplicissimo per chi ha un po’ di dimestichezza» spiega Riccardo Meggiato, consulente in informatica forense e cybersecurity, ceo di MeggiatoLab. «Capita di frequente, soprattutto ai vip. A noi si sono rivolti per esempio alcuni personaggi famosi i cui figli si sono ritrovati inconsapevolmente protagonisti di filmati pedopornografici, in corpi che non sono i loro».
Sembra incredibile e invece è tutto vero: «Un paio di showgirl ci hanno chiesto aiuto scoprendo le immagini dei loro bambini online. Francamente spero che il caso dei siti sessisti sia di monito, soprattutto per gli adulti» continua l’esperto, che racconta come proprio uno dei due forum finiti al centro dell’inchiesta che ha riempito le cronache delle scorse settimane (Phica.eu) sia già stato oggetto anche di un suo lavoro di indagine. «Ci abbiamo avuto a che fare qualche anno fa su richiesta di una cliente che si era rivolta a noi dopo aver saputo che alcune sue foto vi erano finite all’interno, ovviamente a sua insaputa e senza il suo consenso. Lo aveva scoperto in modo fortuito: aveva partecipato alle selezioni di Miss Italia e, una volta arrivata alle fasi finali, si era vista escludere perché l’organizzazione aveva individuato online alcuni scatti definiti “disinibiti”. Lei non aveva postato nulla volontariamente eppure verificammo che le sue foto erano proprio finite in quel forum» racconta Meggiato.
Si tratta di un’ulteriore testimonianza che dovrebbe mettere in guardia dal diffondere in Rete materiale fotografico o video, proprio o dei propri figli, perché potrebbe diventare oggetto di manipolazione grazie all’intelligenza artificiale. Il rischio è di diventare vittime del deepfake o deepnude: «È più che una remota possibilità e purtroppo siamo in un campo nuovo anche da un punto di vista legale. Alcune leggi ci sono, per esempio il solo possesso di materiale pedopornografico, anche senza che venga manipolato digitalmente, è un reato previsto dal codice penale per cui si rischiano anche sei o sette anni di reclusione. Ma a volte le Procure possono interpretare in modo diverso casi analoghi: una foto di una ragazzina di 14 anni in costume, ad esempio, per qualche magistrato è un semplice scatto di una adolescente e quindi averne una copia nel computer può non configurarsi come reato, mentre per altri rappresenta già di per sé materiale pedopornografico» spiega Meggiato.
Ancora più difficile è capire se uno scatto sia stato manipolato oppure no: «In certi casi un’osservazione attenta consente di individuare un intervento, magari tramite AI, ma se su 100 persone ce ne sono 80 che riescono a coglierlo, ne rimarranno pur sempre 20 che invece non sono capaci di notarlo». E il danno è evidente.
Proteggere le proprie immagini al 100% è pressoché impossibile: «Negli anni si sono fatti diversi tentativi, provando soprattutto con codici che fungono da fingerprint (una specie di ‘impronta digitale’ di una foto) e che quindi dovrebbero consentire di individuare un proprio scatto. Il problema è che il formato Jpeg con cui i cellulari salvano le foto è universale: dovremmo tutti tenere sempre ben presente che, nel momento in cui un’immagine abbandona il nostro smartphone per essere inviata a qualcuno o postata in Rete, di fatto non è più nostra» osserva Meggiato. Una volta finita nel web rintracciarla è un’impresa titanica: «Spesso ci viene chiesto da clienti famosi di rintracciare loro scatti. È difficile, anche se lo è meno in caso di vip perché hanno tratti ben distinguibili. Ma quando si trovano siti protetti da password tutto diventa molto complicato: ci vorrebbe sempre un’autorizzazione da parte della Procura, ma non si può certo chiederne una per ciascuno delle centinaia di siti nei quali ci s’imbatte effettuando questo tipo di ricerche» conclude l’esperto.
Di Eleonora Lorusso
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