Sta tornando il terrorismo in Europa?
L’analista Bertolotti (Osservatorio ReaCT sul Radicalismo e Terrorismo in Europa): “Aumenta la frequenza e l’intensità degli attentati, dobbiamo preoccuparci. Gli jihadisti considerano il terrorismo un’arma vincente, soprattutto adesso”. Ecco perché
Il nuovo attentato in Germania, nella città bavarese di Aschaffenburg, arriva a poche settimane da quello ai mercatini di Magdeburgo e nel giorno stesso in cui un cittadino marocchino di 30 anni è stato arrestato a Napoli con l’accusa di essere pronto a colpire la comunità ebraica. L’interrogativo è dunque chiaro: sta tornato il terrorismo in Europa? Sono aumentati gli attentati o è solo una percezione? “Se parliamo in termini numerici, dunque in valori assoluti, c’è stato un aumento, ma relativamente contenuto. In termini percentuali, invece, l’incremento è molto maggiore, ma soprattutto sta cambiando l’intensità e dunque diventano maggiori gli effetti”, osserva Claudio Bertolotti, Direttore di START Insight e Direttore esecutivo Osservatorio ReaCT sul Radicalismo e il Terrorismo in Europa. “Ogni anno in Europa si registrano dai 12 ai 18 eventi terroristici. Quello che sta avvenendo adesso è la maggior concentrazione di eventi in un arco temporale più breve, tra novembre 2023 e oggi – osserva Bertolotti – A differenza degli ultimi anni, tra il 2018 e il 2023, quando erano soprattutto a bassa intensità (cioè a colpire erano soprattutto soggetti singoli che facevano pochi o nessun danno), adesso sono cresciuti gli attacchi a media e alta intensità, vale a dire con più di 3 vittime tra morti e feriti”.
Si sta assistendo, quindi, a una controtendenza: “Credo che dobbiamo iniziare a preoccuparci”, sottolinea Bertolotti, che analizza anche i motivi di questo cambiamento: “Dal 2021 a oggi si sono registrati alcuni eventi che hanno avuto un impatto statisticamente rilevante sul terrorismo: la vittoria dei talebani in Afghanistan, nell’estate del 2021; l’attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre del 2023 a cui è seguito l’appello a colpire Israele e tutti i suoi alleati ovunque ci siano militanti dello stato islamico, quindi anche in Europa; e la vittoria del fronte islamista-jihadista in Siria, di recente – spiega l’analista – Questi rappresentano un fattore galvanizzante, sono la dimostrazione pratica, agli occhi del mondo radicale, che del successo dello jihad tramite il terrorismo. Lo avrebbero dimostrato in Afghanistan e in Siria, e per Hamas è l’auspicio che possa accadere anche a Gaza.
Il collegamento con i grandi eventi recenti, soprattutto in Medio Oriente, potrebbe avere ulteriori conseguenze: “Il timore è che, nonostante la firma della tregua Hamas possa convincere la propria opinione pubblica che il terrorismo consente di ottenere successi, come il ritiro (o la sconfitta, come è ritenuta dai miliziani) dell’esercito israeliano”, prosegue Bertolotti. Intanto lo stesso “cessate il fuoco” appare quantomai fragile: “Sono poco fiducioso sulla tenuta, perché entrambe le parti possono cercate un pretesto per proseguire il conflitto, specie Hamas che in passato ha è più volte fatto naufragare gli accordi negoziali informali, a un passo dalla firma, mettendo Israele con le spalle al muro o accusandola della responsabilità della mancata intesa”. L’auspicio è che i segnali recenti non confermino il ritorno a una nuova stagione di terrorismo anche nel cuore dell’Europa.
Di Eleonora Lorusso
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