Alessandro Volta e l’invenzione che cambiò il mondo
In un giorno di metà di marzo del 1800, presso la Royal Society di Londra, è in corso una dimostrazione scientifica. Protagonista è uno scienziato italiano di nome Alessandro Volta

Alessandro Volta e l’invenzione che cambiò il mondo
In un giorno di metà di marzo del 1800, presso la Royal Society di Londra, è in corso una dimostrazione scientifica. Protagonista è uno scienziato italiano di nome Alessandro Volta
Alessandro Volta e l’invenzione che cambiò il mondo
In un giorno di metà di marzo del 1800, presso la Royal Society di Londra, è in corso una dimostrazione scientifica. Protagonista è uno scienziato italiano di nome Alessandro Volta
In un giorno di metà di marzo del 1800, presso la Royal Society di Londra, è in corso una dimostrazione scientifica. Protagonista è uno scienziato italiano di nome Alessandro Volta. Che in quel momento sta per scrivere il suo nome nella storia grazie a un’invenzione destinata a cambiare per sempre le nostre abitudini. Per raccontare questa vicenda dobbiamo però tornare indietro alla fine del 1700, quando l’elettricità era un fenomeno ancora misterioso.
Il primo a studiarla in maniera organica fu il fisico britannico William Gilbert. Al quale si deve l’origine stessa del termine, derivante dalla parola greca elektron che significa “ambra”. I Greci avevano infatti già osservato che, strofinando l’ambra con un panno, questa acquisiva proprietà magnetiche. Fu però Gilbert a iniziare per primo un’analisi scientifica del fenomeno.
Le teorie dello studioso inglese affascinarono non poco il giovane Volta. Originario di Como, ex seminarista presso il Regio seminario Benzi. Volta aveva abbandonato una possibile carriera ecclesiastica per amore della scienza. Sino a divenire docente di Fisica sperimentale all’Università di Pavia, distinguendosi per i suoi studi sull’elettricità. Aveva infatti inventato l’elettroforo, un dispositivo capace di accumulare e trasferire cariche elettriche per strofinio e induzione che aveva riscosso un discreto successo. Ma il dibattito in materia era estremamente acceso.
Un altro scienziato italiano, Luigi Galvani, aveva anch’egli avanzato una teoria rivoluzionaria. Aveva infatti notato che le zampe di una rana morta si contraevano quando venivano toccate con un metallo. Da questo esperimento dedusse l’esistenza di un’elettricità ‘animale’, una forza vitale interna agli organismi viventi. L’ipotesi entusiasmò la comunità scientifica ma non Volta, il quale riteneva che la contrazione muscolare fosse dovuta al contatto tra metalli diversi, in grado di generare una corrente elettrica.
Nel 1799 lo scienziato comasco costruì due colonnine di legno in cui impilò dischetti di zinco e rame separati da feltro imbevuto di una soluzione salina. Collegando le estremità con un filo di rame, era possibile ottenere un flusso continuo di elettricità. Era appena nata la pila, primo generatore statico di energia elettrica e antesignana delle moderne batterie. E questo ci riporta all’inizio di questo racconto, il 20 marzo 1800 a Londra.
Sin da subito il mondo scientifico comprese l’importanza dell’invenzione. Era finalmente possibile produrre elettricità in modo continuo: un evento in grado di dare il via all’era elettrica oltre che ad aprire la strada al telegrafo, alla lampadina e alla radio. A quel punto la fama di Volta aveva già travalicato i nostri confini per farne una celebrità internazionale. Persino Napoleone Bonaparte volle assistere a una dimostrazione della pila, che lo impressionò al punto tale da conferire allo scienziato italiano la Legion d’onore, un premio in denaro e, nel 1809, la nomina a senatore del Regno d’Italia.
A dimostrazione del peso dell’eredità che Alessandro Volta ha lasciato al mondo, nel 1881 – quasi 60 anni dopo la sua scomparsa – si stabilì di chiamare in suo onore “volt” l’unità di misura della differenza di potenziale elettrico. Una celebrazione dell’uomo che impresse una svolta epocale nella storia della scienza e della tecnologia. Grazie a un’intuizione nata da una disputa scientifica che ebbe un grande merito, sopra ogni altro: quello di illuminare il cammino del progresso, trasformando radicalmente la società.
di Stefano Faina e Silvio Napolitano
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Tag: storia
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