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David Bowie mai visto, apre il “David Bowie Centre” a Londra

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Apre domani il “David Bowie Centre”, il nuovo spazio del Victoria and Albert Museum di Londra dedicato a uno degli artisti più prolifici e influenti del nostro tempo

David Bowie mai visto, apre il “David Bowie Centre” a Londra

Apre domani il “David Bowie Centre”, il nuovo spazio del Victoria and Albert Museum di Londra dedicato a uno degli artisti più prolifici e influenti del nostro tempo

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David Bowie mai visto, apre il “David Bowie Centre” a Londra

Apre domani il “David Bowie Centre”, il nuovo spazio del Victoria and Albert Museum di Londra dedicato a uno degli artisti più prolifici e influenti del nostro tempo

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Apre domani il “David Bowie Centre”, il nuovo spazio del Victoria and Albert Museum di Londra dedicato a uno degli artisti più prolifici e influenti del nostro tempo. L’esposizione permanente ospiterà un archivio di oltre 90mila elementi scelti per ripercorrere il processo creativo del genio britannico scomparso nel gennaio del 2016.

Simbolo di libertà e creatività, di edonismo e decadenza, Bowie non soltanto si è distinto nella musica, ma ha anche esplorato molte altre forme d’arte: dalla pittura alla scultura, passando per la danza e il teatro. Ma fu particolarmente sorprendente l’incontro tra la sua natura iconoclasta e il cinema: basti pensare ai suoi personaggi eccentrici e fuori dagli schemi oppure alla sua capacità di influenzare l’estetica di una pellicola. L’artista londinese (era nato nel quartiere di Brixton nel 1947) non ha mai scelto una carriera hollywoodiana nel senso classico, ma ha preferito opere d’autore, soprattutto se visionarie e controcorrente.

E tra le novità più ammalianti del “David Bowie Centre” troviamo la lunga serie di progetti mai realizzati: idee per canzoni mai registrate, sceneggiature e storyboard per film rimasti incompiuti, intuizioni per spettacoli dal vivo abbandonate prima ancora di prendere forma concreta su un palco, bozzetti per i costumi, trame scritte a mano, persino istruzioni per l’audio e per il posizionamento della telecamera.

Alcuni di questi concept sono particolarmente affascinanti. «Spesso Bowie sviluppava un progetto e lo abbandonava, per poi tornarci sopra in altre forme» ha raccontato al “Telegraph” Madeleine Haddon, curatrice dell’archivio dell’artista. Partendo dagli anni Settanta, tra le idee mai sviluppate c’è “Hunger City”, un’epopea distopica in stile “1984” ambientata negli ultimi giorni del capitalismo: l’artista avrebbe interpretato Halloween Jack, il capo di una banda di criminali sui pattini a rotelle. Da questo spunto sarebbe emerso poi l’album “Diamond Dogs” del 1974.

Un altro concept cinematografico abbandonato fu “Major Tom”. Bowie lavorò a un lungometraggio ispirato al tema dell’allunaggio, allo stile futuristico e ai personaggi di “Space Oddity”, suo successo musicale del 1969. La trama vedeva il protagonista, l’ex pilota di caccia Major Tom, selezionato dall’aeronautica militare britannica per unirsi a un programma spaziale statunitense come astronauta e poi reclutato da una misteriosa organizzazione che trama per il dominio del mondo.

Bowie dedicò parecchio tempo a questo progetto, come testimoniato dall’ambizioso elenco di letture prefissato per tratteggiare il suo personaggio. Negli stessi anni di “Major Tom” scrisse la prima bozza di una sceneggiatura per un’opera teatrale intitolata “The Catastrophy Cabinet”, a metà tra “Arancia meccanica” di Stanley Kubrick e “Storie impreviste” di Roald Dahl. Bowie tornò all’idea della wunderkammer nel videoclip di “Lazarus” del 2016, una delle sue ultime opere.

Passando agli anni Ottanta, l’elenco di creazioni mai portate a compimento comprende anche l’adattamento cinematografico di “All the Emperor’s Horses” del giornalista americano David Kidd. Nonostante le buone intenzioni – Bowie incontrò diverse volte lo scrittore, pronto a vestirne i panni – non riuscì a pianificare la produzione del film a causa delle tournée e degli altri impegni cinematografici. Infine, arrivando agli anni Novanta, “Leon in India”: l’artista londinese iniziò a lavorare a un sontuoso e spettacolare live a Mumbai, sullo sfondo del Mar Arabico.

Le ragioni per cui scelse questa ambientazione sono sconosciute, mentre è noto che avrebbe voluto un vasto cast locale di attori, acrobati, musicisti e ballerini. Come il già citato “Hunger City”, questo progetto – condiviso con Brian Eno e l’artista André Heller – faceva parte di un universo narrativo in continua espansione che si sviluppò successivamente nell’album “1.Outside” del 1995. Anche in questo caso i piani vennero abbandonati. Il motivo? Probabilmente il budget: il solo allestimento avrebbe richiesto un milione di dollari. Del resto Bowie è sempre stato un tipo piuttosto ambizioso.

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