La Giornata della Memoria
La Giornata della Memoria – il giorno dedicato al ricordo della Shoah, dello sterminio degli ebrei – è stata fissata al 27 gennaio. Noi italiani dovremmo celebrare la memoria un altro giorno: il 18 settembre. Ecco perché
La Giornata della Memoria
La Giornata della Memoria – il giorno dedicato al ricordo della Shoah, dello sterminio degli ebrei – è stata fissata al 27 gennaio. Noi italiani dovremmo celebrare la memoria un altro giorno: il 18 settembre. Ecco perché
La Giornata della Memoria
La Giornata della Memoria – il giorno dedicato al ricordo della Shoah, dello sterminio degli ebrei – è stata fissata al 27 gennaio. Noi italiani dovremmo celebrare la memoria un altro giorno: il 18 settembre. Ecco perché
La Giornata della Memoria – il giorno dedicato al ricordo della Shoah, dello sterminio degli ebrei – è stata fissata al 27 gennaio. Noi italiani dovremmo celebrare la memoria un altro giorno: il 18 settembre. Ecco perché
Il giorno dedicato al ricordo della Shoah, dello sterminio degli ebrei, è stato fissato al 27 gennaio. Noi italiani dovremmo celebrare la memoria un altro giorno: il 18 settembre. Perché la memoria non sia la celebrazione di chi è stato vittima, ma l’eterna condanna di chi è stato carnefice. La memoria va dedicata non alla compassione, ma alla dannazione. Quelli di cui non abbiamo il diritto di dimenticarci non sono gli altri, ma siamo noi stessi.
Il 27 gennaio 1945 si dischiuse al mondo l’orrore di Auschwitz. Ma già molti sapevano. Gli italiani avevano assistito ai rastrellamenti, molti – troppi – avevano denunciato italiani ebrei. Cittadini che spesso erano anche stati fascisti e quindi, se possibile, doppiamente traditi. Lo sterminio mediante concentramento e smaltimento con i forni crematori era praticato anche in Italia. Il 27 gennaio 1945 fu una rivelazione per chi non sapeva. Non lo fu per gli italiani, non lo fu per i tedeschi. Chi disse di non sapere dimostrò d’essere vile e ipocrita.
Per questo dovremmo celebrare il 18 settembre, ricordando il discorso che Benito Mussolini tenne a Trieste nel 1938, quando annunciò ai festanti convenuti che ci saremmo liberati degli italiani ebrei (fra i quali i vertici delle Assicurazioni Generali, che avevano e hanno sede in quella città). Fu onorato e applaudito. Gli studenti persero i loro docenti e anche i loro compagni. Molti negozi fecero sapere, orgogliosi, d’essere “ariani”. Non ci furono reazioni di ribrezzo e proteste. Vero che si era in dittatura, ma supporre che sia un buon motivo per vedere cacciare degli italiani dai loro posti e dalle loro posizioni è una scusa più miserabile della viltà.
Per abrogare quelle leggi si dovette attendere il 20 gennaio 1944, caduto il fascismo. Ma rimasero in vigore nella Repubblica Sociale Italiana fino all’aprile del 1945. A chi ricorda i “giovani di Salò”, a chi parla di eguaglianza fra i combattenti, nel ricordo va ricordato che furono fino alla fine sostenitori di quelle leggi.
Da molti anni i discendenti dei repubblichini di Salò, passati per l’esperienza del Movimento Sociale Italiano e poi approdati ad Alleanza Nazionale, considerano quelle leggi il “male assoluto”. Ma la loro tardiva – molto tardiva – consapevolezza non toglie nulla alla sostanza: furono leggi italiane che masse di italiani appoggiarono o vissero con indifferenza. In fondo non toccava a loro, ma soltanto agli ebrei.
Di questo ci si deve ricordare. Senza retorica melensa, che nuoce anziché giovare alla causa della memoria, ma con la vergogna di quel che si è capaci di fare quando si perde la ragione. Fu una stagione che disonorò l’Italia. In modo permanente.
di Davide Giacalone
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Tag: storia
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