Man Ray, una schiena da milioni di dollari
Le Violon d’Ingres potrebbe diventare la fotografia più costosa mai venduta ad un’asta per una ragione ben precisa: questo scatto ha mutato per sempre la concezione dell’arte e, più in grande, la nostra epoca.
| Cultura
Man Ray, una schiena da milioni di dollari
Le Violon d’Ingres potrebbe diventare la fotografia più costosa mai venduta ad un’asta per una ragione ben precisa: questo scatto ha mutato per sempre la concezione dell’arte e, più in grande, la nostra epoca.
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Man Ray, una schiena da milioni di dollari
Le Violon d’Ingres potrebbe diventare la fotografia più costosa mai venduta ad un’asta per una ragione ben precisa: questo scatto ha mutato per sempre la concezione dell’arte e, più in grande, la nostra epoca.
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Le Violon d’Ingres potrebbe diventare la fotografia più costosa mai venduta ad un’asta per una ragione ben precisa: questo scatto ha mutato per sempre la concezione dell’arte e, più in grande, la nostra epoca.
Sarà battuta all’asta, il prossimo maggio, una delle fotografie tra le più famose di sempre. Il valore de Le Violon d’Ingres (1924) di Man Ray – ritraente la schiena nuda di una donna sulla quale sono dipinte le due effe tipiche della cassa di un violino – è stimato tra i $5 milioni e i $7 milioni. Se la previsione verrà confermata, l’opera diventerà la fotografia più costosa mai venduta all’asta.
Per comprenderne l’importanza, bisogna fare un passo indietro, quando il dadaismo di Marcel Duchamp diede vita a una nuova concezione della fotografia.
Va detto che, inizialmente, la fotografia dovette sottostare a un costante paragone con la pittura esclusivamente da un punto di vista visivo e non concettuale; percepita miseramente come uno strumento che imprime la realtà in modo inequivocabile attraverso un gesto meccanico, non veniva colta nel suo potenziale artistico.
Un concetto che potrebbe essere riassunto con le parole di Umberto Boccioni, importante esponente del futurismo, che nel 1911 scrisse: “il pittore non si deve limitare a ciò che vede nel riquadro della finestra, come farebbe un semplice fotografo, ma riproduce ciò che può vedere fuori, in ogni direzione, dal balcone”.
Relegando la fotografia a strumento di riproduzione della realtà piuttosto che a una nuova modalità di fare arte, possiamo ammirarne l’esempio espressivo solamente a partire dagli anni 20, quando il rapporto tra il mondo delle macchine e la creatività estetica diede il via ad una distinzione essenziale: quella tra il fotografo artista e il fotografo “tecnico”.
Seguendo questa scia nel 1919 viene prodotta Tonsure, una fotografia che ritrae Duchamp di spalle scattata da Man Ray, una ricerca tesa a far coincidere l’opera con la personalità dell’artista che delega la manualità ad un tecnico.
Duchamp infatti fu il primo a distaccarsi dal meccanismo della fotografia che tende alla pittura, a favore dell’artista che utilizza la fotografia nel suo potenziale, rifiutando la manualità per dare spazio all’idea.
Sarà grazie a questa nuova concezione che il famoso dadaista aprirà le porte al suo amico Man Ray, delegando a lui il ruolo di fotografo “tecnico” e accogliendolo nella sua ricerca.
Il caro tecnico, altro non è che uno dei fotografi più importanti della storia.
Sarà proprio quell’incontro illuminante con l’esponente dadaista a dare via a una carriera longeva che lo vedrà protagonista del settore moda e pubblicità.
Questo aprirà a una contraddizione che lo segnerà nel tempo: quella tra artista e operatore.
Sarà per questo che attraverso i suoi lavori nella fase surrealista egli tende a rendere la realisticità della fotografia meno invadente attraverso operazioni manuali – come la grafica o la post produzione – che ne modifichino l’identità.
Le Violon D’Ingres è esattamente questo. Il corpo fotografato di una donna che attraverso un intervento grafico suggerisce le forme di un violino, condizionandone la nostra visione.
L’opera infatti segna definitivamente un cambiamento che ancora oggi è presente nella cultura moderna.
Non dimentichiamo che la cosiddetta settima arte, altro non è che un susseguirsi di frammenti fotografici, che posti in sequenza danno via a una storia.
Se ci fossimo limitati a una concezione bidimensionale della fotografia, oggi forse non avremmo il cinema.
Il valore di una fotografia di Man Ray quindi, non è solamente quello di un negativo reso nobile grazie alla sua lavorazione, ma è la potenza dell’inizio di qualcosa che ancora oggi guida e condiziona l’arte e la sua evoluzione.
di Elena Bellanova
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Tag: Arte, fotografia
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