Era il 1888 quando George Eastman, fondatore della Kodak Company, lanciò sul mercato le prime macchine fotografiche destinate all’uso comune. Con lo slogan “Tu premi il bottone, noi facciamo il resto” si inaugurò così la stagione della fotografia democratica.
Le macchine fotografiche erano costose ed ingombranti e i limiti di scatto tipici dei rullini rendevano quest’arte ancora elitaria. Nel 1975, però, arrivò la fotografia digitale (anche se bisognerà aspettare quasi tre decadi per la sua diffusione di massa) e con i cellulari si assistette alla nascita della mobile photography.
Due eventi che segnarono un prima e un dopo, non sempre in meglio. Inquadrare e cliccare sono ormai diventati automatismi: il risultato di questa corsa all’immagine a tutti i costi è l’incapacità di godersi il momento perché più impegnati ad immortalarlo che viverlo.
La possibilità di scattare con ogni mezzo, in qualunque occasione e senza limiti ha fatto vacillare lo status di fotografia come arte, banalizzandola a mera collezione di immagini prive di consistenza.
Infine, un altro spartiacque inaspettato: il Covid. Il lockdown ha fatto riscoprire una virtù quasi dimenticata che è quella della pazienza e di pari passo l’accettazione dell’attesa.
In questo nuovo contesto di raccoglimento, la volontà di dedicare del tempo ad attività rilassanti è diventata necessità.
I rullini fotografici sono stati strappati dai cassetti polverosi dei nonni e il risultato è stato un boom della fotografia analogica che ha fatto registrare un rialzo nel mercato delle attrezzature vintage e dei corsi dedicati all’argomento. Il web pullula di tutorial su sviluppo e stampa in camera oscura e su Instagram si assiste alla nascita di profili che utilizzano unicamente fotografie su pellicola.
Le differenze con la ben più nota fotografia digitale sono sia tecniche sia comunicative. Con l’analogico si diventa padroni dell’intero processo creativo che va dall’idea alla realizzazione di una fotografia sino ad arrivare allo sviluppo e stampa. E’ sostanzialmente questo aspetto ad aver alimentato gli appassionati del genere.
Per iniziare è necessaria:
Gli scatti a disposizione sono limitati ed è quindi necessario riflettere prima dello scatto tentando di controllare il più possibile tutti i parametri immodificabili nella post-produzione. La possibilità di incappare in un’antitesi fra idea e concreta realizzazione è molto frequente, arrivando alla perdita de “l’instant décisif” per utilizzare un’espressione di Henry Cartier-Bresson, uno dei pionieri del fotogiornalismo.
La fotografia analogica diventa quindi esperienza terapeutica, un tentativo di fissare un’emozione su pellicola. Il covid ci ha tolto tanto ma ci ha restituito il potere della pazienza e della riflessione: la fotografia resta ancora un’arte di profonda connessione con il mondo.
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