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“Nata per te”, parla il regista Fabio Mollo

“Nata per te”, nelle sale da giovedì, racconta la storia di Luca Trapanese e Alba, di adozioni difficili e difesa dei diritti. Ne parliamo con il regista Fabio Mollo
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“Nata per te”, parla il regista Fabio Mollo

“Nata per te”, nelle sale da giovedì, racconta la storia di Luca Trapanese e Alba, di adozioni difficili e difesa dei diritti. Ne parliamo con il regista Fabio Mollo
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“Nata per te”, parla il regista Fabio Mollo

“Nata per te”, nelle sale da giovedì, racconta la storia di Luca Trapanese e Alba, di adozioni difficili e difesa dei diritti. Ne parliamo con il regista Fabio Mollo
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“Nata per te”, nelle sale da giovedì, racconta la storia di Luca Trapanese e Alba, di adozioni difficili e difesa dei diritti. Ne parliamo con il regista Fabio Mollo
Questa è una storia di coraggio: per chi l’ha vissuta, come Luca e sua figlia Alba, e per chi ha deciso di trasformarla in pellicola, come il regista Fabio Mollo. Il risultato è il film “Nata per te” (nelle sale da giovedì scorso), che racconta il tortuoso percorso di adozione di Alba, nata con la sindrome di Down, e di Luca Trapanese, assessore al Welfare del Comune di Napoli ma più di tutto portatore sano di elementi di grande presa nel dibattito pubblico italiano: single, gay, genitorialità. Dibattito non di rado infarcito di rigidità ideologiche, da una parte e dall’altra. Trapanese, 42enne e single, nell’estate del 2017 ha preso in affido e poi adottato Alba, neonata con sindrome di Down non riconosciuta dalla madre alla nascita e rifiutata da più coppie. Una storia a lieto fine, grazie all’amore, e anche un’eccezione prevista dalla legge: la possibilità per un single di adottare in circostanze specifiche, come la disabilità del piccolo. Fabio Mollo, già regista de “Il padre d’Italia”, ha voluto che questa storia fosse di tutti. «Da persona omosessuale la notizia all’epoca mi ha dato molta gioia, fiducia e speranza» ci spiega. «Non conoscevo personalmente Luca ma quando ho iniziato a lavorare al film ho preso un treno e sono andato a Napoli a visitare le strutture che lui stesso ha aperto per facilitare la vita a persone, come la sua Alba, affette da disabilità». Questa storia è un intreccio di temi a lungo dimenticati dalla politica e dalla società: una burocrazia cieca sulle adozioni, la controversia sul diritto alla genitorialità per single e non-etero, il diritto alla diversità. Mollo ha scelto un giovane attore, Pierluigi Gigante, per interpretare questo papà-coraggio perché, ci spiega, «ho visto in lui la stessa purezza di Luca: una persona vera che ha trasformato l’impossibile in possibile, riuscendo a vedere nella disabilità non un tabù ma bellezza e opportunità». È proprio questo il messaggio che il regista ha intenzione di offrire al pubblico in sala (e a giudicare dallo scroscio di applausi e lacrime alla prima romana forse ci è riuscito): «Non voglio far cambiare idea a nessuno. Mi auguro semplicemente di raccontare col film quello che in realtà sta succedendo: la società sta cambiando, il concetto di famiglia si è allargato». Riferendosi alle leggi sull’adozione rimaste ferme agli anni Ottanta, osserva come siano «gli stessi politici a non avere più le famiglie tradizionali che taluni promuovono. Credo che ci sia tanta ipocrisia». Fabio Mollo ha accolto il coraggio dei tanti Luca in Italia e lo mette in chiaro anche nella sua idea sul futuro del cinema. Si discosta dalle critiche seguite alla scelta di scontare i biglietti a 3,50 euro per richiamare il pubblico nelle sale: «Se ci vengono chiesti dei sacrifici per la causa è giusto che si facciano ma è bene ricordare che il cinema è un’industria, seppur in crisi, e che il lavoro di tutti va riconosciuto. Questa non è una responsabilità soltanto delle persone che non vanno al cinema ma anche di chi dovrebbe supportarlo e non svalutarlo, ammodernando i contratti collettivi nazionali, promuovendo sindacati, finanziando un settore che da sempre è un fiore all’occhiello della nostra economia». Gli chiediamo infine quale sia il suo desiderio: «Mi auguro che questo film aiuti a scardinare quei preconcetti volti all’esclusione anziché all’inclusione. Dovremmo tutti pretendere una società con pari diritti per tutti». di Raffaela Mercurio  

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