Nostalgia Festivalbar
Cosa è rimasto del Festivalbar? Tra simbolismi, petizioni per il suo ritorno e sketch discutibili, resta un carrozzone che manca proprio a tutti
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Cosa è rimasto del Festivalbar? Tra simbolismi, petizioni per il suo ritorno e sketch discutibili, resta un carrozzone che manca proprio a tutti
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Cosa è rimasto del Festivalbar? Tra simbolismi, petizioni per il suo ritorno e sketch discutibili, resta un carrozzone che manca proprio a tutti
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Cosa è rimasto del Festivalbar? Tra simbolismi, petizioni per il suo ritorno e sketch discutibili, resta un carrozzone che manca proprio a tutti
Stash dei The Kolors, con la sua hit estiva 2023 “Italodisco”, la tocca pianissimo: «Festivalbar con la cassa dritta»: l’ennesima prova del fatto che quel maxi-prodotto televisivo chiamato Festivalbar manca a tutti, proprio a tutti. E le repliche, trasmesse a ripetizione da Mediaset, non bastano a placare quei nostalgici che ne implorano a gran voce un ritorno.
L’anno scorso il giornalista Andrea Conti ha provato a svelare in parte il mistero: «C’è un problema sul format. Lo detiene Salvetti Jr. e, nonostante svariati corteggiamenti negli anni da parte di radio e tv, non è disposto a cederlo. Ecco perché sono nati il Coca-Cola Summer Festival, Battiti Live e Tim Summer Hits».
Chiuso nel 2007 con l’edizione più flop di sempre – condotta da Enrico Silvestrin, Giulio Golia ed Elisabetta Canalis – l’anima del Festivalbar si è cristallizzata in tanti altri eventi tv, perlopiù vetrine per sponsor e marchette. Il classico programma su cui soffermarsi a malapena per 2 minuti durante lo zapping selvaggio.
Quanto ci manca quel carrozzone, che ha accompagnato le estati italiane dal 1964 al 2007. Ci manca perché trascina con sé un universo di emozioni e sensazioni perdute o che crediamo di aver perso. Un’epoca dell’innocenza il cui unico dilemma era dove spendere quella monetina al juke-box per ascoltare una sola volta quella canzone al Lido. Riguardare una puntata di ieri con gli occhi di oggi è un esercizio di pazienza e tenerezza. I tempi televisivi erano lunghissimi, gli sketch fra i conduttori discutibili. Lo sponsor non era meno invasivo di oggi ma lo si rese narrazione: Megan Gale che appariva come una dea da testimonial Omnitel, Rocco Casalino che recitava le offerte «chiamate e sms» con la voce tremante e Dj Angelo che faceva sentire in diretta tv le sue suonerie personalizzabili. Preistoria.
Tutto è simbolismo, un incessante “Ti ricordi?”. Poi la conduzione tutta femminile, quasi a rendere il maschio alfa un accessorio della beltà di Alessia Marcuzzi o Natasha Stefanenko, per citarne alcune. Artisti internazionali, astri nascenti, meteore destinate all’oblio: tutti sullo stesso palco, quasi sullo stesso livello, a cantare con un playback sfacciato e comico (impossibile dimenticare Gianluca Grignani che nell’edizione del 1995 entra in scena col microfono in tasca, senza dire una parola, mentre in sottofondo scorre la traccia del singolo “Falco a metà”).
Delle persone vediamo volti e occhi, nessuna fotocamera accesa sul cellulare, che tanto all’epoca non sarebbe stato in grado di riprendere niente. C’era una grande eccitazione per quel momento tv estivo perché, d’altro canto, era l’unico. L’unico in cui cantare, commentare canzoni, litigare perché «La compilation blu è sempre la migliore!», «Ma va, nella rossa ci sono le più divertenti».
Sono intere estati che sul web non si parla d’altro, con gruppi che avanzano addirittura petizioni economiche per un suo ritorno. Non sarebbe mai la stessa cosa, lo sappiamo tutti, ma siamo un popolo di nostalgici. E l’estate è la stagione perfetta per noi.
di Raffaela Mercurio
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