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Perché i Lego devono il loro successo alla sfortuna

Le vendite di mattoncini sono cresciute a tre cifre nell’ultimo semestre. Un successo non casuale che deve però parte della propria fortuna proprio al caso.
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Perché i Lego devono il loro successo alla sfortuna

Le vendite di mattoncini sono cresciute a tre cifre nell’ultimo semestre. Un successo non casuale che deve però parte della propria fortuna proprio al caso.
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Perché i Lego devono il loro successo alla sfortuna

Le vendite di mattoncini sono cresciute a tre cifre nell’ultimo semestre. Un successo non casuale che deve però parte della propria fortuna proprio al caso.
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Le vendite di mattoncini sono cresciute a tre cifre nell’ultimo semestre. Un successo non casuale che deve però parte della propria fortuna proprio al caso.
I mattoncini Lego si dimostrano indistruttibili, soprattutto se si guardano ai dati del primo semestre 2021 in cui la società ha sbaragliato la concorrenza con ricavi in crescita del 140% pari a 847 milioni di euro.  La ragione di tanto successo si deve, come accaduto anche ad altre aziende, all’allentamento delle misure anti-Covid che hanno favorito la riapertura dei negozi e delle fabbriche. Senza contare che molte famiglie, fra lockdown e scuole chiuse, hanno (ri)scoperto i Lego per e con i propri figli, divenendo clienti di fiducia. Ma non sempre la Lego ha attraversato momenti tanto fortunati, anzi la sua storia comincia proprio con un evento tragico, quando la falegnameria del danese Ole Kirk – l’inventore dei Lego – venne colpita da un incendio, accidentalmente innescato da uno dei due figli. Così, anni dopo, decise di aprire un’altra bottega. È qui che ebbe l’illuminazione di iniziare a produrre giocattoli e, per via della crisi economica del 1929 che colpì il suo paese, pensò a qualcosa in formato mignon. Nel 1934 fondò ufficialmente Lego, che deriva dalle parole danesi “leg godt” che significa “gioca bene”. Il quartier generale della Lego sorge a Billund, un pesino danese di 6mila anime la cui vita lavorativa ruota quasi interamente attorno alla fabbrica.  L’espansione massima, sia in termini di fatturato che di dipendenti, fu nel 1960 e circa 10 anni dopo si specializzò anche nel settore femminile introducendo case per bambole e barche davvero galleggianti. La storia dei Lego è puntellata di curiosità, iniziative che hanno stimolato la fantasia di centinaia di persone che nel mondo si sono sfidate nella creazione di vere e proprie opere d’arte. Per rimanere in Italia, ad esempio, a Milano è stato realizzato il modellino del Duomo con più di 100.000 pezzi, oppure il famoso Gabibbo a Striscia La Notizia con più di 60.000 pezzi costruito in 200 ore.  L’artista Nathan Sawaya è colui che più di ogni altro si è immerso nel mondo dei lego. La sua arte è un incrocio tra pop art e surrealismo, riprendendo alcune opere di celebri pittori come Van Gogh e Klimt. Ad oggi possiede un totale di 4 milioni di mattoncini e le sue realizzazioni sono esposte presso gli atelier di New York e Los Angeles. Esiste persino una trasmissione tv (Lego Master) dove gruppi di amici e famiglie “battagliano” a suon di mattoncini e colpi creativi.   In Baviera, a Gunzburg, è nato un parco di divertimenti interamente dedicato ai mattoncini: Legoland.

Il segreto di tanto successo

La diffusione a livello mondiale del gioco sta nella sua forma ovvero il fatto di potersi perfettamente incastrare con tutti gli altri, anche con confezioni diverse. Addirittura si dice che con 6 mattoncini si possano ottenere circa 915 milioni di combinazioni.  Non solo. Anche il colore è un dettaglio non trascurabile alla base della diffusione capillare di questo gioco: i personaggi sono gialli, un colore neutro che evita scontri a livello razziale. Non ultimo: la testa dei personaggi ha un buco in alto in modo tale che se un bambino dovesse ingerire un pezzo, questo foro permetta all’aria di passare. Lego è un esempio di come la perseveranza, nonostante gli ostacoli, si possa trasformare in un successo mondiale.   di Marta Melarato

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