Gli Stati Uniti in foto, dalla Secessione all’attentato a Trump
Gli Stati Uniti nacquero il 4 luglio 1776 e la prima foto di Nicephore Niepce dal titolo “Veduta dalla finestra a Le Gras” è del 1826
Gli Stati Uniti in foto, dalla Secessione all’attentato a Trump
Gli Stati Uniti nacquero il 4 luglio 1776 e la prima foto di Nicephore Niepce dal titolo “Veduta dalla finestra a Le Gras” è del 1826
Gli Stati Uniti in foto, dalla Secessione all’attentato a Trump
Gli Stati Uniti nacquero il 4 luglio 1776 e la prima foto di Nicephore Niepce dal titolo “Veduta dalla finestra a Le Gras” è del 1826
Gli Stati Uniti nacquero il 4 luglio 1776 e la prima foto di Nicephore Niepce dal titolo “Veduta dalla finestra a Le Gras” è del 1826
Gli Stati Uniti nacquero il 4 luglio 1776 e la prima fotografia di Nicephore Niepce dal titolo “Veduta dalla finestra a Le Gras” è del 1826. Tenendo conto di quanto è lunga la storia delle società umane, non è poi molto. In pratica, quasi tutti gli avvenimenti di rilievo di quel Paese sono stati fotografati. Il primo reportage di guerra risale al 1849, è dell’italiano Stefano Lecchi e documenta gli scontri tra l’esercito francese e i volontari della Repubblica Romana. Ma la guerra di Secessione è comunque una delle prime a essere stata ripresa dettagliatamente. Non c’è una foto dell’omicidio di Abramo Lincoln del 14 aprile 1865 (solo disegni che ricostruiscono la scena), ma ci sono i ritratti in bianco e nero del presidente e dei suoi attentatori. Analogamente non esistono foto dell’attentato al presidente James Garfield – ucciso da Charles Guiteau (ma soprattutto dai medici che usarono strumenti infetti) – e di quello a William McKinley, ucciso da Leon Czolgosz. Ci sono soltanto scatti posati di ognuno di loro, realizzati con ingombranti fotocamere a soffietto di grande formato.
Della Prima guerra mondiale c’è molto materiale, anche perché erano disponibili i primi rullini di pellicola protetta da una striscia di carta per fotocamere di medio formato, che si richiudevano come un portafoglio ed erano estremamente portatili. Con la Seconda guerra mondiale la fotografia letteralmente esplode, anche grazie al perfezionamento della Leica che utilizzava la pellicola da 35 mm per il cinema. L’arrivo sulla scena di talenti eccezionali come Robert Capa e degli altri reporter della Magnum – nonché di straordinari professionisti come Joe Rosenthal, autore della celebre “Raising Flag on Iwo Jima” (alzabandiera a Iwo Jima) – mostrò la capacità di comunicazione di una singola immagine, spesso più potente e immediata di un intero articolo scritto. La stampa dei periodici aveva buon gioco perché i filmati (alcuni dei quali di estrema qualità in quanto affidati ai registi più titolati di Hollywood), in assenza della televisione potevano essere visti solo al cinema.
Ovviamente l’attentato del 1963 a John Fitzgerald Kennedy, ripreso da tutti i fotografi presenti istante per istante, è l’avvenimento di cronaca più importante di sempre. Anche l’uccisione del suo assassino Lee Harvey Oswald (per mano di Jack Ruby) fu ripresa dai fotografi grazie all’uso del flash. Poi toccò a Bob Kennedy, fratello di John, candidato alla presidenza e ucciso il 5 giugno 1968 da Sirhan Sirhan. Poiché accadde nella cucina dell’Hotel Ambassador di Los Angeles, oltre al corpo di Kennedy fu lo strazio dei presenti il soggetto della maggior parte delle immagini.
Nel 1969 gli americani dettero a tutti le foto di un sogno, quelle del primo uomo sulla Luna, che si aggiungevano a quelle sbalorditive della Terra vista dallo spazio delle missioni precedenti. Per quell’occasione la prestigiosa casa svedese Hasselblad – corredata dai leggendari obbiettivi Zeiss – costruì un modello apposta. Poi arrivarono le foto del Vietnam: la bambina nuda che corre piangendo, in uno scatto di Nick Ut per Associated Press, fu più efficace di tutte le manifestazioni pacifiste messe insieme. Era l’8 giugno 1972.
Torniamo ai presidenti: l’attentato a Ronald Reagan del 1981 fu seguito minuto per minuto, ma l’affollamento di collaboratori attorno a lui e un marciapiede piuttosto stretto resero la vita difficile ai reporter. Nel 2008 il giornalista iracheno Muntazar al-Zaydi lanciò entrambe le scarpe contro il presidente George W. Bush, che riuscì a evitarle mostrando prontezza di riflessi. L’immagine delle calzature in volo fu colta dagli scatti di Thaier Al Sudani dell’agenzia Getty Images.
Infine arriviamo ai nostri giorni, quando il premio Pulitzer Doug Mills del “The New York Times” ‘congela’ in una foto il proiettile indirizzato verso l’orecchio di Donald Trump. Siamo in piena era della fotografia digitale e le fotocamere possono scattare a 1/8.000 di secondo in qualsiasi condizione, la sensibilità del sensore non ha più limiti. Altri fotografi hanno dato prova magistrale di composizione istantanea, mostrando Trump insanguinato con la bandiera americana alle spalle che, rivolto alla sua gente con il pugno serrato, grida «Fight! Fight!».
di Roberto Vignoli
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche