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Un libro le seppellirà (le dittature)

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Appena più di un italiano su tre (35%) legge almeno un libro all’anno. Nell’Unione Europea, manco a dirlo, siamo penultimi. Ciò vuol dire che quasi il 70% formerà il suo giudizio sui fatti del mondo e più in generale la propria capacità critica quasi esclusivamente attraverso i social

Un libro le seppellirà (le dittature)

Appena più di un italiano su tre (35%) legge almeno un libro all’anno. Nell’Unione Europea, manco a dirlo, siamo penultimi. Ciò vuol dire che quasi il 70% formerà il suo giudizio sui fatti del mondo e più in generale la propria capacità critica quasi esclusivamente attraverso i social

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Un libro le seppellirà (le dittature)

Appena più di un italiano su tre (35%) legge almeno un libro all’anno. Nell’Unione Europea, manco a dirlo, siamo penultimi. Ciò vuol dire che quasi il 70% formerà il suo giudizio sui fatti del mondo e più in generale la propria capacità critica quasi esclusivamente attraverso i social

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Appena più di un italiano su tre (35%) legge almeno un libro all’anno. Nell’Unione Europea, manco a dirlo, siamo penultimi. Precediamo soltanto la Romania e seguiamo di un soffio la Grecia. In Germania la percentuale di chi ha letto uno o più libri negli ultimi 12 mesi sale al 65%. In Francia è del 63%, mentre il top lo si raggiunge andando verso Nord: 71% in Svezia, 70% in Finlandia. Uscendo dall’Ue, il record è degli svizzeri che toccano l’81%.

Intendiamoci, chi legge in Italia legge molto e in alcuni casi moltissimo. Come testimoniato dalla fiorente e scoppiettante attività editoriale, in apparente controtendenza rispetto al dato da cui siamo partiti.

Il problema è che lo zoccolo duro dei grandi lettori, per quanto importante e consolante, ha un’influenza relativa o nulla sugli effetti generali di una così diffusa disaffezione alla lettura. Quasi il 70% degli italiani non legge quasi mai un libro. Ciò vuol dire che formerà il suo giudizio sui fatti del mondo e più in generale la propria capacità critica quasi esclusivamente attraverso i social.

Un po’ quello che accadeva negli anni Settanta e Ottanta con la televisione, quando si sprecavano gli allarmi sociali sull’invasività e pervasività del mezzo. Che – guardato con gli occhi della realtà odierna – ispira quasi tenerezza con i suoi sei canali di allora, mentre la carta stampata era ancora dominante in termini di formazione delle opinioni. In special modo le più ‘alte’.

Qui non si tratta di demonizzare nulla e nessuno, semplicemente di richiamare l’abisso fra la complessità, la bellezza, il godimento e talvolta anche la sfida della parola scritta nei libri e le spaventose ripetitività e semplificazione proprie dei social. Ciò che un’ampia maggioranza di italiani mastica quotidianamente e che risulta l’unica fonte di informazione e preparazione. Parliamo in modo sempre più stereotipato, ricorriamo con frequenza via via maggiore a luoghi comuni, frasi fatte, immagini di uso diffuso. È una sorta di richiamo della foresta: gli altri parlano così e lo faccio anche io.

Tendiamo a stuzzicare sempre meno la nostra fantasia, l’inventiva, il già citato e fondamentale spirito critico. Un cittadino che non legge mai un libro – non appaia eccessivo o, peggio, culturalmente razzista – è un cittadino meno attrezzato a riconoscere e gestire le armi dell’informazione e della distrazione di massa. Attenzione, qui non si tratta dei titoli di studio: c’è una massa di laureati che non legge niente.

Leggiamo da bambini, da ragazzi, da giovani, adulti e anziani. Leggiamo – se amiamo farlo – fino all’ultima stilla di energia. Facendolo, insieme a infiniti mondi, ciascuno di noi riceverà in dono le chiavi di sé. Perché imparando a leggere impareremo prima ad ascoltare, poi a parlare e a pensare senza sconti.
Non c’è dittatura che non abbia avuto il terrore sacro dei libri. Non c’è dittatura che non sia stata seppellita dalla storia sotto un tumulo di libri.

Di Fulvio Giuliani

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