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I giovani lettori

Che i giovani lettori siano assai più dei grandi è talmente scontato che quasi non varrebbe la pena di parlarne

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Che i giovani lettori siano assai più dei grandi è talmente scontato che quasi non varrebbe la pena di parlarne

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Che i giovani lettori siano assai più dei grandi è talmente scontato che quasi non varrebbe la pena di parlarne

L’inaugurazione della Fiera internazionale del libro per ragazzi – che si è aperta ieri a Bologna e durerà fino a giovedì – ha rilanciato i soliti commenti sul mercato editoriale. Non è una novità per esempio che il settore dei giovanissimi sia la vera bombola a ossigeno di una filiera che (per colpa dei grandi editori) si trova più o meno alla canna del gas. Che i bambini leggano assai più dei grandi è talmente scontato che quasi non varrebbe la pena di parlarne, almeno in assenza di nuovi argomenti. Nel provarci, eviterei di analizzare genitori con sensi di colpa che affidano ai libri l’onere di educare i figli.

Più interessante sarebbe indagare sulle curiosità e sulle preferenze dei giovani, i quali esprimono il loro autonomo giudizio prima di quanto si creda. I gusti ovviamente cambiano, ma rimane teso quel filo che lega le loro attitudini di lettori a interessi e a passioni del tutto indipendenti dalla famiglia e da qualsiasi lista – prevalentemente anglofona – di autori di successo. Un caso a parte è quello di J. K. Rowling che, con “Harry Potter”, è la sola ad aver generato un fenomeno di rilevanza planetaria in grado di coinvolgere centinaia di milioni di lettori tra i 10 e i 14 anni in una sorta di magico mondo abitato da bambini cresciuti fra sortilegi, amori e malefici, fino al trionfo non già della bontà ma dell’intelligenza contro il male. L’opera conta traduzioni in 90 lingue (la versione italiana sarà di 3.691 pagine) e 500 milioni di copie vendute. Eppure “Harry Potter” – per quanto scritto magistralmente – rappresenta un fenomeno a sé, perché i ragazzi sono andati oltre, seguendo storie meno popolari, più raffinate.

I giovani lettori sanno in che misura la loro passione per la lettura non sia omologata alla crescente dipendenza dai social. E allora – sempre meno nerd e sempre più comunità attiva – essi vengono attratti da romanzi che li rappresentino, raccontando storie di coetanei capaci di ribellarsi e distinguersi da ogni forma di integrazione. Qualche esempio: la serie autobiografica di “Katitzi” (Iperborea) di Katarina Taikon, favolosa scrittrice di origine rom che ha realizzato una bellissima narrazione di lei bambina che combatteva ogni genere di discriminazione nella Svezia dei primi anni Quaranta. Eroi grandi che lottano e vincono ed eroi piccoli che innalzano i libri a simbolo della loro identità. È il caso del protagonista de “Il club dei perdenti” (Rizzoli) di Andrew Clements: il suo Alec è un ragazzo che ama e divora libri piuttosto che impegnarsi in palestra e allora intitola così il suo club del doposcuola, con la certezza di restarne l’unico membro e leggere in santa pace. Ma non sarà così perché la lettura è potente e seduttiva, crea amori e rafforza amicizie.

Altro splendido titolo è “Come ho scritto un libro per caso” (La Nuova Frontiera), storia di Katinka, 13 anni e il sogno di diventare scrittrice. Fortuna vuole che incontri Lidwien, celebre autrice e sua vicina di casa, che le trasmette segreti e regole della scrittura. Firmato dall’olandese Annet Huizing, il romanzo ha ottenuto consensi e premi in tutta Europa. Che ciò non l’abbia distolta dall’attenzione verso i suoi piccoli ammiratori, lo dimostra questo episodio: accade che una bambina di 10 anni lo legga e le piaccia talmente da chiedere alla madre di trovarle il recapito della Huizing. Ci tiene a farle i complimenti. Un paio di settimane più tardi riceve il seguente messaggio: «Cara Irene, ti piace scrivere? Vorresti diventare una scrittrice proprio come Katinka? Allora non smettere mai di leggere perché i libri ti terranno compagnia per tutto il resto della tua vita! Cari saluti, Annet». Irene leggeva e rileggeva quelle poche righe, intanto immaginava che i suoi libri fossero un grande ponte sospeso dove passeggiare senza guardare in basso.

di Giuliano Compagno

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