Elena Bresciani: un libro tra canto, vibrazione e alchimia
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Elena Bresciani in occasioni dell’uscita del suo progetto “Canto del Benessere e Vibralchimia Interiore – Amati ed elimina lo stress attraverso la voce”
Elena Bresciani: un libro tra canto, vibrazione e alchimia
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Elena Bresciani in occasioni dell’uscita del suo progetto “Canto del Benessere e Vibralchimia Interiore – Amati ed elimina lo stress attraverso la voce”
Elena Bresciani: un libro tra canto, vibrazione e alchimia
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Elena Bresciani in occasioni dell’uscita del suo progetto “Canto del Benessere e Vibralchimia Interiore – Amati ed elimina lo stress attraverso la voce”
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Elena Bresciani in occasioni dell’uscita del suo progetto “Canto del Benessere e Vibralchimia Interiore – Amati ed elimina lo stress attraverso la voce”
Nel mare magnum della musica liquida sembrerebbe cosa facile trovare qualcosa di nuovo e interessante da ascoltare. Invece, non è propriamente così. Ogni tanto ci divertiamo a scavare per voi in questo universo in continua espansione per trovare artisti di valore, che meritano un ascolto attento. Poi starà all’ascoltatore scegliere se seguire l’artista in questione o veleggiare verso altri lidi.
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Elena Bresciani, cantante lirica di fama internazionale, mezzosoprano e mentore di successo (che quest’anno festeggia 25 anni di carriera artistica) in occasione dell’uscita del sui libro “Canto del Benessere e Vibralchimia Interiore – Amati ed elimina lo stress attraverso la voce”. Un libro che è un invito a intraprendere un viaggio verso il benessere fisico ed emotivo a 360 gradi, attraverso la scoperta del canto curativo e delle sue applicazioni. Scritto in collaborazione con il chitarrista e compositore Renato Caruso e arricchito dalla prefazione del chitarrista e scrittore Luca Francioso, il libro diventa un’occasione per riflettere sul silenzio, la crescita personale e l’armonia interiore.
Il percorso proposto conduce il lettore dall’antica Armonia Mundi pitagorica alla fisica acustica, passando per le tradizioni vediche e tibetane, fino all’esplorazione di strumenti come diapason non temperati secondo le regole della musica occidentale. Ad arricchire l’opera, gli acquerelli realizzati dall’autrice stessa, che evocano il legame tra arte visiva e sonora.
Incluso nel libro, un QR Code consente di ascoltare l’improvvisazione musicale che ha dato vita all’album “Vibralchimie, Vol.1”. In questo progetto, la cantante suona dodici campane tibetane antiche e di cristallo, mentre il musicista calabrese Renato Caruso accorda la chitarra alle frequenze delle campane, offrendo un’esperienza sonora unica e rigenerante.
Com’è sono nato questo progetto?
La musica nasce spesso da momenti di dolore. Se l’hai vissuto sulla tua pelle, lo sai bene: è una grande àncora, una risorsa preziosa nei momenti difficili.
Io mi trovavo in una fase particolarmente delicata della mia vita. Aspettavo il mio secondo figlio, ma purtroppo l’ho perso. Quel vuoto, quel dolore immenso, mi ha tolto ogni punto di riferimento. Perfino la musica occidentale, che aveva sempre fatto parte della mia vita – considera che quest’anno festeggio 25 anni di carriera, e che canto da quando ne avevo dieci – non riusciva più a darmi nulla. Non trovavo conforto in niente. Era un periodo buio, circa tre o quattro anni fa, e un giorno mi è venuta l’idea di esplorare strumenti orientali. Così, sono andata a Milano e ho iniziato a studiare le campane tibetane. Quell’esperienza è stata folgorante. Sono diventata maestro di campane tibetane e ho iniziato a sperimentare, improvvisare e scoprire un mondo completamente nuovo. Ho studiato le frequenze e i loro effetti, sia sulla mia voce che sul mio benessere interiore.
Con il tempo, quel percorso mi ha aiutata a guarire da quel grande vuoto. E quando mi sono sentita pronta, ho avvertito il bisogno di condividere con gli altri i benefici che avevo tratto da questa pratica. È così che è nato quello che oggi è diventato il progetto Vibroalchimia.
E di questo termine, “Vibroalchiamia”, ci racconti qualcosa di più?
Io sono un vulcano, quando penso, penso fitto e profondo. Il progetto è nato in un pomeriggio, tutto d’un fiato. Ti racconto com’è andata. Avevo iniziato questo percorso da sola, per conto mio. Poi, ad un certo punto, ho deciso di testarlo con un gruppo di donne nel mio studio. Per arricchire l’esperienza, ho coinvolto un’amica di Milano, esperta di feng shui e meditazione, chiedendole di lavorare con me. Il suo compito era utilizzare la voce parlata, con effetti ASMR, mentre io mi occupavo del suono e della voce cantata.
All’inizio sembrava funzionare, ma dopo alcune sessioni, le clienti mi hanno confessato di sentire una sorta di “frizione” nella voce parlata, come se impedisse loro di abbandonarsi completamente al suono. Ho riflettuto molto su questo feedback e, con grande delicatezza, ho spiegato la situazione alla mia collaboratrice. Lei, che è una persona estremamente intelligente, ha capito. Così, ho deciso di portare avanti il progetto da sola.
In origine, il progetto si chiamava La Voce Alchemica. Dovevo trovare un nome in fretta, anche per rispetto della mia collega. Ho cominciato a riflettere sulle due parole chiave che lo rappresentavano: vibrazione e alchimia.
La vibrazione è alla base del suono: le frequenze non sono altro che il numero di vibrazioni al secondo di ogni suono. L’alchimia, invece, rappresenta la crescita personale, il cambiamento interiore, la trasformazione del sé. Così ho unito questi due concetti al plurale, pensando anche alla comunicazione sui social, come Instagram.
Quando poi ho scritto il libro, ho scelto un nome più diretto: Il canto del benessere. Mi sembrava perfetto per spiegare lo scopo del progetto: un canto che promuove il benessere. Tuttavia, il concetto di alchimia interiore è rimasto centrale, è diventato una parte essenziale del mio vocabolario… anzi, del “vocabolario Bresciani”!
ll disco è nato in collaborazione con Renato Caruso. Come vi siete conosciuti?
Un giorno mi ha chiamata. Aveva avuto il mio numero dal Trinity College of Music di Londra perché cercava una sede Trinity italiana a Milano. Mi ha raccontato che stava provando a contattare qualcuno, ma nessuno rispondeva. Così, dal Trinity gli hanno suggerito di chiamare me: “Chiama Elena Bresciani, lei risponde sempre a tutti!”
Mi spiegò di avere degli allievi di chitarra che dovevano sostenere gli esami internazionali e mi chiese se potevo aiutarlo come sede d’esame. Io sono sede Trinity da diversi anni e ho un legame storico con loro: ho studiato a Londra, conseguendo la Fellowship – la laurea internazionale in Voice Performance – proprio al Trinity. È un rapporto di vecchia data.
Già nel 2006, portavo il nome del Trinity in concerto all’Università di Oxford e a Cambridge. Insomma, quando mi ha chiamato, sapevo esattamente di cosa aveva bisogno. Renato si è rivelato una persona simpaticissima e abbiamo avviato sia un’amicizia che una collaborazione professionale. Dopo un paio d’anni, durante una conversazione, gli racconto quello che stavo combinando con le campane tibetane. Lui, a sua volta, mi parla del suo progetto di neuroscienze all’Università Bicocca di Milano.
A quel punto, mi dice: “Senti, facciamo una cena con Riccardo Vitanza. Gli raccontiamo queste cose belle, perché anche lui è pieno di creatività!”. All’inizio era solo un abbozzo, ma lui ci ha ascoltati con interesse e ha detto: “Bene, bene, bene. Ne riparliamo nel 2023.”
Nel frattempo, io ero a Sanremo per seguire alcuni cantanti, ma tornata da Sanremo, ho subito chiamato Renato e gli ho detto: “Devi venire in studio, dobbiamo iniziare a lavorare su una scaletta e capire come sviluppare questo progetto insieme.” Quando è venuto, gli ho mostrato tutte le campane tibetane e gli ho spiegato come utilizzavo le varie frequenze. È stato un momento davvero magico: nel giro di un giorno abbiamo sfornato la scaletta del libro.
Da quel punto in avanti, siamo stati rigorosissimi. In meno di un anno, non solo il libro ha preso forma, ma abbiamo anche sviluppato il progetto del QR Code abbinato, che permette di ascoltare le tracce audio. Renato, che è un musicista eccezionale, si è accordato con la sua chitarra sulle frequenze delle campane, creando qualcosa di unico. Tutto è nato in modo incredibilmente fluido, come se fosse già scritto. E così, il progetto ha preso vita.
Immagino che tutti i tuoi studi siano poi confluiti anche nel tuo lavoro da vocal coach
Sì, questa è proprio la novità! A livello internazionale, sono l’unica che applica questo metodo, e ormai è diventato parte integrante dell’Elena Bresciani Vocal Method. Quello che trovo particolarmente interessante è che, come cantanti nella musica occidentale, lavoriamo sempre con lo stesso diapason: 440 Hz, o al massimo 432 Hz per chi vuole osare un po’ di più. Però, siamo sempre lì, con il pianoforte, a vocalizzare sugli stessi punti di riferimento. Le campane tibetane, invece, operano su diapason completamente diversi, frequenze che non conosciamo. Questo crea un lavoro muscolare del tutto nuovo, quasi come degli esercizi ginnici per la voce. È un allenamento fluido e naturale: quando ti accordi su una campana, canti sulla sua frequenza o sulle sue armoniche, a seconda della tua vocalità. Dal punto di vista tecnico, questo porta a risultati straordinari. Innanzitutto, la voce sviluppa sonorità nuove e interessanti, perché i muscoli vocali vengono stimolati in modo diverso. Ma la cosa più sorprendente è come queste frequenze influenzino la voce: hai mai sentito i monaci buddisti con quelle voci profonde e spettacolari?
Loro utilizzano molto le cosiddette campane del silenzio nelle loro preghiere e meditazioni. Si tratta di campane tibetane antiche, molto larghe e basse, che generano frequenze al di sotto dei 100 Hz, quasi alla soglia del non udibile. Vengono chiamate suoni del silenzio. Cantano i mantra su queste campane, e la loro voce diventa sempre più grave, perché le frequenze stimolano le corde vocali a vibrare nella parte anteriore, modificando il timbro vocale.
Quando il mio maestro di campane tibetane, Tonda Sonam, mi ha spiegato tutto questo – lui che è stato educato nei monasteri – ho pensato: “Perché non applicare questo metodo anche a chi vuole ampliare l’estensione vocale, sia nel grave che nell’acuto?”
Il risultato è sorprendente: le persone riescono a conquistare tre o quattro note in più, a volte anche di più. Inoltre, l’elasticità muscolare aumenta notevolmente. È un’applicazione straordinaria, sia dal punto di vista vocale che tecnico.
Quanto è importante l’aspetto emozionale nel canto?
L’emozione è fondamentale nel canto. Il canto, secondo me, è anche qualcosa di molto intimo. Nel corso degli anni, insegnando ormai da tantissimo tempo e dopo quasi 1000 casi di studio tra lirica, pop, jazz e musical, mi sono accorto che ogni persona è un mondo a sé. La voce di ognuno è un po’ come una carta d’identità, racconta chi siamo, persino prima che noi stessi ci raccontiamo. Trovo questo aspetto estremamente interessante.
Ad esempio, mentre parliamo al telefono, sento che la tua voce mi trasmette qualcosa. Ormai, per deformazione professionale, percepisco come la voce sia in grado di narrare le nostre ferite, le nostre ombre e le nostre luci. Mi piace pensare che le note alte raccontino la nostra luce, mentre i suoni gravi o i graffiati possano esprimere le nostre ombre. Assimilo così le diverse sfumature del canto.
In un mondo sempre più scosso dalle guerre, rientrare in contatto con la propria interiorità può essere utile un po’ a tutti forse…
Ascoltare è fondamentale. Ti spiego il contesto: a un certo punto del mio percorso, ho deciso di iscrivermi alla Facoltà Teologica di Milano. Mi hanno accolta come laica, e lì ho studiato, conseguendo un diploma in spiritualità. Ero profondamente interessata a comprendere le connessioni tra arte e spiritualità, e volevo esplorarle più a fondo. La spiritualità, secondo la teologia spirituale, abbraccia tutta l’esperienza dell’esistenza, inclusi gli aspetti più materiali come la sessualità e il cibo. Non c’è un dualismo tra spirito e materia, come spesso si pensa: tutto è spirito. Lo Spirito pervade ogni cosa, ogni aspetto della vita vissuta.
Comprendere che tutta la tua esperienza fa parte di un disegno più ampio, qualunque sia la tua fede, è fondamentale. Altrimenti, è come vivere senza aver colto il significato della vita stessa. Questa consapevolezza porta una grande pace interiore. Per quanto riguarda il mio lavoro, ciò che ho trovato più affascinante è il silenzio che segue la meditazione sonora. È un silenzio profondo, carico di significato, in cui si trova tutto ciò che si cerca. Non c’è sempre bisogno di parlare. Viviamo in una società che parla troppo, che è ipervisiva, e io stessa, come comunicatrice, mi adeguo a questo, sia sui social che nel lavoro. Ma è essenziale creare spazi di scarico.
Proprio come nella musica il silenzio valorizza ciò che accade dopo, anche nella vita il silenzio ha un ruolo fondamentale. Pensa a quel momento in uno spettacolo dal vivo in cui il pubblico non applaude subito, ma resta sospeso: è un momento di altissimo livello artistico. Questi silenzi sono straordinari e rappresentano un aspetto centrale del mio lavoro sul benessere.
Il messaggio che vorrei lanciare è questo: è importante restare informati, seguire la cronaca, stimolare la mente, connettersi sui social, assorbire tutto ciò che la società ci offre. Ma è altrettanto fondamentale ritagliarsi momenti di vuoto, semplificazione, silenzio. Solo così possiamo ritrovare il contatto con noi stessi e riscoprire la nostra autenticità.
di Federico Arduini
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