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Enzo Papetti racconta la sua crossnovel “New Belle Époque”

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Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Enzo Papetti per conoscere meglio il suo ultimo romanzo “New Belle Époque”

Enzo Papetti racconta la sua crossnovel “New Belle Époque”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Enzo Papetti per conoscere meglio il suo ultimo romanzo “New Belle Époque”

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Enzo Papetti racconta la sua crossnovel “New Belle Époque”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Enzo Papetti per conoscere meglio il suo ultimo romanzo “New Belle Époque”

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“New Belle Époque” è il nuovo romanzo dello scrittore e regista Enzo Papetti. Un’opera ambiziosa e innovativa che apre una nuova frontiera nella narrativa contemporanea: il crossnovel, un formato che fonde linguaggi e strutture della tradizione letteraria con modalità espressive trasversali e sperimentali.

In questo libro la carta abbraccia il digitale, trasformandosi in un’esperienza interattiva e multidisciplinare che, attraverso dei QR CODE all’inizio e alla fine di ognuno dei 16 capitoli, mescola scrittura, musica dei primi anni del secolo scorso rielaborata in chiave jazz (a cura di Roberto Cipelli), cinema (a cura di Roberto Minini Merot), illustrazioni (a cura di Bella Mirella Beraha) e un dialogo con un chatbot (a cura di Francesco Bevivino). Una nuova forma di narrazione che esplora ciò che si nasconde dietro le parole, promettendo di espandere il modo di vivere la lettura.

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui per conoscere meglio l’origine di questo progetto

Come nasce l’idea di questo romanzo?

Questo romanzo nasce da un parallelismo tra la nostra epoca e quella a cavallo tra Otto e Novecento. Entrambe sono segnate da rivoluzioni tecnologiche che hanno profondamente cambiato — e stanno cambiando — i nostri modi di vivere, le nostre abitudini, i nostri stili di vita. All’epoca ci furono l’elettrificazione delle città, l’arrivo dell’aereo, dell’automobile, del telefono, della radio… un mutamento gigantesco per chi lo viveva. Basta pensare che la Parigi di fine Ottocento ha visto per la prima volta le strade illuminate dalla luce elettrica solo allora.

Oggi, con il computer, i cellulari, i social, l’intelligenza artificiale, stiamo vivendo un periodo di transizione altrettanto radicale. È da qui che nasce l’idea del romanzo. Sul retro, nella quarta di copertina, c’è scritto:

“Un sentimento di nostalgia e di meraviglia scava sotto il reticolo di un mondo interconnesso, pronto a celebrare un progresso impensabile fino a pochi anni fa. Ed è con questo stato d’animo — fatto di euforia e avvilimento, candida spensieratezza, apatia, paure e angosce represse — che il mondo va incontro alla propria rovina”. Ecco, credo che questo sia il mood.

Come mai la scelta di questo particolare genere, la crossnovel?

In qualità di docente, per anni ho studiato la combinazione tra diversi linguaggi. È una storia antica quanto l’uomo: basti pensare che la poesia nasce come canto, poi si evolve nella recitazione, si trasforma in tragedia e commedia… fino ad arrivare all’Ottocento, con l’opera lirica, dove teatro e musica si fondono in un’unica forma artistica.

Ma c’è un aspetto storico che mi ha sempre affascinato, anche se poco conosciuto e poco studiato qui in Italia: la storia dei panorami. I panorami nascono a metà del Settecento e, in un certo senso, rappresentano l’inizio del cinema. Il cinema e poi la televisione sono infatti l’apoteosi della combinazione di linguaggi: immagini, suono, narrazione, recitazione…

Nel Settecento, quando ancora non esistevano tecnologie come il cinema o la TV, con i panorami si creavano spettacoli immersivi che univano musica, pittura, danza e recitazione. Ecco, io credo che con il web questa integrazione di linguaggi sia diventata finalmente alla portata di tutti: è un dato di fatto, parte della nostra quotidianità. Questa è, in sintesi, l’idea che mi guida.

In questo libro la carta abbraccia il digitale, trasformandosi in un’esperienza interattiva e multidisciplinare 

Noi oggi continuiamo a usare il libro cartaceo. Ma il libro che ho scritto, in realtà, si presterebbe benissimo a una lettura digitale. Anzi, forse l’iPad sarebbe addirittura la piattaforma più adatta. Perché il libro, in un certo senso, fa avanti e indietro tra la pagina stampata e il web. È un viaggio continuo, e l’iPad potrebbe essere l’unico supporto necessario: non ci sarebbe nemmeno più bisogno del formato cartaceo.

Un lavoro mica da ridere…

Una follia, probabilmente. Credo di non essere stato del tutto in me, quel giorno in cui ho iniziato a scrivere questo libro. In realtà, è nato come un’esigenza: portare avanti — e forse anche a compimento — un progetto che avevo iniziato anni fa. Si tratta infatti del quarto capitolo di una tetralogia dedicata proprio alla sperimentazione narrativa.

Tutto è cominciato nel 2020 con “Oggetto piccolo B“, poi è arrivato “Perché ci hai messo tanto?“. Due opere molto diverse, nate in un momento di conflitto creativo. In effetti, non è stato facile farle conoscere, anche per la complessità dei contenuti e dei linguaggi.

Lo scorso anno, invece, è uscito “Ex“, la terza parte. Già lì avevo iniziato a introdurre elementi originali: le musiche, ad esempio, sono state composte da Paolo Fresu. E ora, con “New Belle Époque“, il progetto si espande ulteriormente: non solo musiche, ma anche un film completo e addirittura un dialogo con un chatbot. A questo punto, l’integrazione tra i diversi linguaggi è totale.

Non stupisce che questo romanzo abbia una struttura molto articolata

C’è proprio un impianto strutturale molto preciso. Diciamo che l’architettura del romanzo ricorda un po’ quella gotica: ci sono dei pilastri portanti che sorreggono tutto l’impianto narrativo, e poi c’è un’espansione orizzontale, un’apertura che si sviluppa sotto forma di racconto.

Il romanzo è suddiviso in 16 capitoli, ciascuno legato a una parola chiave che richiama una problematica attuale, qualcosa che stiamo vivendo. Le parole chiave sono, per esempio: mutamentonostalgiaconflittopareticonsumo… tutte tematiche che ci toccano da vicino. Ogni capitolo si apre con una frase palindroma e una pagina di un quotidiano, inserita come fuori testo, che richiama uno degli eventi più significativi degli ultimi trent’anni.

Poi segue il racconto vero e proprio, e alla fine di ogni capitolo c’è un video, che rappresenta visivamente uno dei temi trattati. Questo video è realizzato da un personaggio del romanzo, un giovane videomaker che invece di vivere, registra tutto. Per lui, la vita è un film, e da questa visione nasce la sua teoria sulla morte del cinema.

Il regista Roberto Minini ha preso spunto proprio da questo personaggio per realizzare un film su questo tema. Insomma, è tutto un incastro, un gioco di rimandi e sovrapposizioni tra linguaggi, forme e visioni.

Eppure nonostante le 800 pagine il romanzo scorre veloce ed è anche divertente

Credo siano 800 pagine che scorrono, si leggono con piacere. È un libro che intrattiene, certo, ma allo stesso tempo offre anche la possibilità di fermarsi a riflettere su ciò che ci sta accadendo.
È divertente, ma non solo: può diventare anche una sorta di pausa, un momento di riflessione. E forse, in questo tempo così frenetico, è qualcosa di cui tutti potremmo avere bisogno.

Un’ultima domanda, com’è stato il lavoro di costruzione dei personaggi? Sono davvero tantissimi

I personaggi sono venuti un po’ da sé. Partivo da immagini, da paesaggi umani, da situazioni che avevo in mente di raccontare, e da lì sono nati i personaggi. Non li ho costruiti a tavolino: sono emersi in modo naturale, quasi come conseguenza delle storie che volevo narrare.

Ce ne sono davvero di tutti i tipi, perché il romanzo è popolato da oltre 200, forse 250 personaggi. È un universo variegato: ci sono gangster, avvocati, farabutti di ogni genere… insomma, un’umanità ampia, complessa, che riflette la varietà e il caos del nostro tempo.

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