Chi è Elena Ferrante?
Il caso letterario Elena Ferrante è esemplare da molti punti di vista. Prima di tutto perché è l’opposto del nostro tempo
Chi è Elena Ferrante?
Il caso letterario Elena Ferrante è esemplare da molti punti di vista. Prima di tutto perché è l’opposto del nostro tempo
Chi è Elena Ferrante?
Il caso letterario Elena Ferrante è esemplare da molti punti di vista. Prima di tutto perché è l’opposto del nostro tempo
Il caso letterario Elena Ferrante è esemplare da molti punti di vista. Prima di tutto perché è l’opposto del nostro tempo. Tanto i nostri giorni confidano nella visibilità e nella presenza, quanto Elena Ferrante è invisibile e assente. La si direbbe la Mina della letteratura se non fosse che della Tigre di Cremona si conoscono la giovinezza, il nome, il volto e soltanto dopo la sua affermazione c’è stata la scelta di essere invisibile e assente, mentre di Elena Ferrante non si conosce nulla, né prima né dopo la sua affermazione. Tanto che, a quel che si sa, Elena Ferrante (che è uno pseudonimo) potrebbe perfino non esistere. Sono stati fatti non pochi tentativi per darle un nome e un volto, a volte femminile e a volte maschile – ad esempio: Domenico Starnone – ma in realtà non c’è stata alcuna conferma e così Elena Ferrante è rimasta Elena Ferrante: la scrittrice più nota, forse più brava, ispirata da Elsa Morante, è una scrittrice fantasma, invisibile, magari inesistente.
E qui entra in scena ciò che conta davvero: l’opera. Cosa conta davvero nel lavoro letterario se non il lavoro stesso, l’opera? Ma, in verità, ciò che vale per la letteratura – il primato dell’opera sull’autore – vale per ogni attività umana, che sia intellettuale o pratica: ciò che resta della nostra vita e ciò che vale della nostra esistenza è ciò che abbiamo fatto o, ancor meglio, ciò che abbiamo contribuito a fare (o c’è qualcuno che crede che tutto ciò che fa sia solo, sempre e soltanto opera sua?). Di William Shakespeare non sappiamo nulla, non sappiamo chi fosse, forse non è nemmeno esistito ma l’opera c’è ed è poesia. Omero? La stessa cosa. Dante? Mettendo da parte la retorica e Beatrice, più o meno siamo lì. Ci sono le opere ed è quanto basta. Il caso Elena Ferrante mette in risalto questo assunto della più significativa critica letteraria: poco conta l’erudizione intorno alla figura dell’autore, perché tutto ciò che c’è da apprezzare o respingere è l’opera e soltanto l’opera. A meno che la stessa vita non diventi opera. Avviene in alcuni casi straordinari.
Si sa, forse nessuno è più vanitoso di un autore. Cosa sono i premi letterari se non un gioco di società nato per esaltare la vanità degli autori? Tuttavia, anche nei premi letterari non vince – come si dice comunemente – l’autore ma l’opera: il romanzo, il saggio, le poesie, il pamphlet. L’autore è soltanto colui che ritira il premio per conto dell’opera. Scherzando ma non troppo, è una specie di amministratore delegato dell’opera. Il primato dell’opera sull’autore è del tutto evidente nel caso Ferrante: tutta la ‘sua’ opera – da “I giorni dell’abbandono” alla “Storia della bambina perduta”, passando per tutto ciò che c’è nel mezzo da “La frantumaglia” a “L’amica geniale” (tutti i libri sono pubblicati da edizioni e/o) – sovrasta senza pari l’autrice ignota. Tanto che è da considerarsi un paradosso la scelta del 2016 del settimanale statunitense “Time” di inserire Elena Ferrante nell’elenco delle 100 persone più influenti del mondo.
L’opera è senz’altro influente, ma come fa a essere influente chi non si sa se esista? Ma di quell’opera cosa effettivamente vale? Il primo libro: “L’amore molesto”. È da questo primo romanzo, dove una figlia va alla ricerca di sé stessa attraverso la storia della madre e della famiglia che lei stessa con una impaurita e confusa bugia infantile contribuì a separare, che nascono tutti gli altri libri pubblicati sotto lo pseudonimo di Elena Ferrante. Tutti i libri sono questo libro che continuamente si ripete fino alla dissolvenza dello stesso io narrante che non c’è o è altro: «Io ero Amalia».
di Giancristiano Desiderio
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