Incontro con uno dei pochi fotografi a essere stati esposti al Louvre: l’italianissimo Mimmo Jodice che ha saputo interpretare la fotografia in modo innovativo, intesa come ispirazione onirica della percezione
Prima di tutto bisogna rendere omaggio all’aspetto umano. Incontrare una persona così garbata e affabile è davvero un evento speciale. L’aspetto professionale è invece molto complicato perché non si sa da che parte cominciare: è uno dei pochi fotografi al mondo ad aver esposto al Louvre, con la mostra “Les yeux du Louvre” (Gli occhi del Louvre) nel 2011; ha lavorato con Andy Warhol, Sol LeWitt, Joseph Beuys, Michelangelo Pistoletto, Jannis Kounellis e Alberto Burri; è stato docente di fotografia all’Accademia delle Belle Arti di Napoli; una delle sue prime mostre, alla galleria “Il Diaframma” di Milano nel 1970, è stata presentata da Cesare Zavattini e la lista di fiori all’occhiello della sua carriera potrebbe continuare all’infinito.
Domenico Jodice detto Mimmo nasce a Napoli, dove vive tuttora, il 29 marzo del 1934. Dimostra sin da giovane un’inclinazione per l’arte nel suo insieme e si appassiona alla musica, al teatro, alla pittura. Quando alla fine degli anni Cinquanta scopre la fotografia, la interpreta immediatamente attraverso le sue potenzialità creative e inizia a sperimentare con materiali diversi. Realizza lavori di ricerca concettuale e contemporaneamente si dedica a un’indagine antropologica sulla ritualità che sarà il materiale per il libro “Chi è devoto: feste popolari in Campania”, con testi di Roberto De Simone e prefazione di Carlo Levi.
Nel 1980 pubblica “Vedute di Napoli”, edito da Mazzotta, con un’introduzione di Giuseppe Galasso: una serie di immagini lontane dall’idea di voler descrivere genti e luoghi, piuttosto una rassegna di visioni personali che attingono a un’ispirazione onirica della percezione. Questa dimensione creativa della fotografia, che è stata la principale propulsione della sua attività, gli ha consentito di smarcarsi decisamente dal giornalismo o dalla documentazione più o meno originale del bravo fotografo, percorrendo a pieno titolo e ad armi pari con gli artisti più affermati un itinerario di eccellenza che in Italia ha pochi altri esempi.
Uno dei suoi lavori più riusciti è senz’altro “Mediterraneo”, un’ampia ricerca sulla mitologia dei nostri mari, che viene pubblicato nel 1985 dalla prestigiosa casa editrice di New York Aperture, con testi di George Hersey e Predrag Matvejevic, seguito da mostre personali al Philadelphia Museum of Art, al Cleveland Museum of Art, alla Triennale di Milano, alCastello di Rivoli, alla Aperture’s Burden Gallery di New York e al festival di Arles. Nel 2009 il Palazzo delle Esposizioni di Roma e la Maison Européenne de la Photographie gli dedicano una retrospettiva per i suoi 50 anni di attività.
Ma una rassegna ancora più completa ed esaustiva del suo instancabile lavoro viene esposta nel 2016 dal Museo di Arte Contemporanea di Napoli “Madre”, accompagnata da una magnifica pubblicazione dal titolo “Mimmo Jodice. Attesa/Waiting (dal/from 1960)” edita da Electa, che raccoglie le fotografie esposte nei più importanti musei del mondo e pubblicate in ben 34 libri, accompagnate da testi dei più eminenti scrittori e intellettuali della cultura contemporanea.
di Roberto Vignoli
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Tag: fotografia, Italia
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