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iCorporate: la sostenibilità, il vero punto di svolta

Andrea Gaudenzi, CEO di iCorporate, ci spiega perché è importante saper gestire la corporate reputation. La sostenibilità: oggi il vero “game changer” della comunicazione corporate
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iCorporate: la sostenibilità, il vero punto di svolta

Andrea Gaudenzi, CEO di iCorporate, ci spiega perché è importante saper gestire la corporate reputation. La sostenibilità: oggi il vero “game changer” della comunicazione corporate
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iCorporate: la sostenibilità, il vero punto di svolta

Andrea Gaudenzi, CEO di iCorporate, ci spiega perché è importante saper gestire la corporate reputation. La sostenibilità: oggi il vero “game changer” della comunicazione corporate
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Andrea Gaudenzi, CEO di iCorporate, ci spiega perché è importante saper gestire la corporate reputation. La sostenibilità: oggi il vero “game changer” della comunicazione corporate
L’integrazione tra le PR tradizionali e la comunicazione online è la chiave per una gestione efficace della corporate reputation”. E la storia di iCorporate srl – nata da un’intuizione che si è rivelata nel tempo vincente – certamente ne è un valido esempio. Per Andrea Gaudenzi, CEO di iCorporate, avere una corporate reputation solida è il primo pilastro per proteggere l’azienda, in particolare quando si verificano delle crisi. La sostenibilità – insieme all’importanza dei temi ESGè oggi il vero game changer, un punto di svolta che fa nettamente la differenza. L’Intelligenza Artificiale? Un valido aiuto se usata nel modo corretto ma i rischi sono dietro l’angolo.   Ci può fare una panoramica della storia e degli obiettivi di iCorporate da quando è nata sino a oggi? iCorporate è nata dieci anni fa con l’obiettivo di creare un’agenzia di comunicazione corporate che mettesse insieme, fin dalla partenza, comunicatori tradizionali – addetti stampa corporate – con millennial che venivano da web agency dove la comunicazione di prodotto aveva già raggiunto livelli sviluppati di professionalità. L’intuizione si è rivelata vincente: al di là di ottenere una giusta attenzione del mercato, ha consentito di creare un’agenzia nativa digitale esperta di comunicazione corporate esattamente nel momento in cui la digital disruption introdotta dai social media stava cambiando per sempre il modo di fare la tradizionale comunicazione d’impresa. I canali digitali sono stati infatti l’elemento di discontinuità che ha consentito alle aziende di iniziare, attraverso dei canali proprietari, a essere protagoniste di un racconto che erano loro stesse a pubblicare. Da un utilizzo quasi esclusivo delle media relations per fare influenza, le aziende si sono trasformate in editori attraverso i loro canali proprietari. Questo ha cambiato completamente il settore. È evidente però che nel momento in cui le aziende diventano autori e controllori dei propri contenuti, ci sono anche dei rischi. Rischi in termini di autenticità, oggettività e professionalità. Qualità che erano garantite dai professionisti dei media tradizionali. iCorporate si colloca in questo contesto: siamo una società di consulenza che aiuta le aziende a fare sì le PR tradizionali ma anche a sviluppare, in maniera coerente insieme alle PR tradizionali, un racconto autentico, consistente e credibile attraverso i canali proprietari delle aziende. Il nostro obiettivo è quello di proseguire lungo la strada che si è intrapresa fin dall’inizio; posizionarsi come una società di consulenza affidabile, con un pacchetto di servizi sinergici. Siamo partiti, come dicevo, con le media relation e con la gestione dei canali digitali; poi abbiamo aggiunto i servizi creativi, sempre in un’ottica corporate e, infine, accanto alla gestione dei canali social sono nati progetti web based più estesi. Successivamente è arrivata la comunicazione di crisi, a seguire la comunicazione interna e, per ultima, abbiamo aperto una practice che offre strategie di posizionamento e di branding corporate. Per iCorporate la “corporate reputation” è sicuramente fondamentale. Che cosa si intende e perché è importante? La corporate reputation consiste nel percepito che gli stakeholder – i portatori di interesse nei confronti dell’organizzazione – hanno dell’azienda in merito al suo modo di fare impresa. È un insieme di significati che riguarda non tanto i temi intrinseci di prodotto o servizio, ma come l’azienda sta sul mercato e come offre quel prodotto o quel servizio. Avere una corporate reputation solida è il primo pilastro per proteggere l’azienda quando si verificano delle crisi. Ma la corporate reputation è diventata sempre più importante – e lo diventerà ancora di più – in uno scenario in cui l’attenzione ai temi ESG (Environmental, Social, and Corporate Governance) diventa prioritaria. E mi riferisco non tanto all’attenzione generica degli stakeholder al sociale e alla dimensione ambientale: è qualcosa di molto più connesso al modo di fare impresa e di organizzare le risorse umane. Il capitale umano è sempre stato importante, ma è diventato centrale in questa nuova era del post Covid, in cui è esplosa una sorta di bomba con una potente forza centrifuga che sta costringendo le aziende – più o meno tutte salvo alcuni casi fortunati – a confrontarsi con sfide importanti per la retention delle risorse e l’attrazione dei talenti. Questo è uno dei motivi per cui la practice di comunicazione interna è sempre più centrale. Nell’ultimo periodo inoltre diversi clienti ci hanno chiesto di sviluppare e comunicare la loro Employee Value Proposition, essenziale per far comprendere l’impegno dell’azienda nei confronti dei giovani, dei talenti e in generale dei professionisti di valore che lavorano per l’organizzazione o si stanno approcciando a essa. Nel sito di iCorporate si legge che “L’integrazione tra le PR tradizionali e la comunicazione online è la chiave per una gestione efficace della corporate reputation”. Perchè? Come dicevo prima, è perché comunque ormai le aziende sono in gran parte diventate autrici e interpreti del loro stesso racconto. Quindi occorre affidarsi a professionisti che sappiano coordinare in maniera integrata questa narrazione su tutti i canali: sia quelli tradizionali – attraverso l’attività classica di media relations – sia quelli digitali, rivolti al pubblico interno e al pubblico esterno. Una delle principali qualità – sulla quale investiamo molto – dei nostri consulenti è la forte competenza in termini di contenuto: siamo “esperti di impresa” in grado di dialogare con manager apicali, i più diversi, dall’imprenditore all’amministratore delegato, dal direttore del personale al direttore della finanza ecc, per strutturare con la giusta sensibilità un racconto competente dell’azienda. In poche parole: per noi è cruciale la capacità di gestire piattaforme con un racconto credibile e consistente. Solo se si comprendono e governano appieno i contenuti, si è poi in grado di declinarli nella maniera giusta. Sempre all’interno del vostro sito è presente l’hashtag #CallToSustainability, “un nuovo modello di comunicazione della sostenibilità”. Di cosa si tratta? La sostenibilità è il vero game changer, il punto di svolta. È aumentata la consapevolezza, sono arrivate le norme: nel giro di pochi anni il numero di aziende europee che dovranno attrezzarsi per effettuare una rendicontazione obbligatoria di sostenibilità quintuplicherà. Questo passaggio epocale rappresenta un’opportunità per le aziende – anche quelle storicamente concentrate quasi esclusivamente sulla comunicazione di prodotto – per fare un salto di categoria in termini di comunicazione corporate. CallToSustainability è una piattaforma di servizi integrati per sviluppare un racconto comprensibile e ingaggiante sui temi della sostenibilità. La nostra proposizione si basa su due convinzioni. La prima è che il mondo ESG si sta confrontando con una complessità sempre crescente. I responsabili della sostenibilità all’interno delle aziende devono gestire una tale quantità di dati per fare la rendicontazione e definire strategie e obiettivi, che ormai il settore rischia di diventare una nicchia comprensibile ai soli esperti. Navigando in questa enorme mole di dati, è necessario trovare una sintesi efficace, uno modo semplice di raccontare, altrimenti le politiche di sostenibilità dell’azienda rischiano di non venire recepite e comprese dai target generalisti o comunque non specializzati. La seconda convinzione è che il senso della sostenibilità sta non solo nel dare un indirizzo virtuoso alle aziende, ma anche nel fare in modo che le aziende abbiano un effetto positivo suggerendo e stimolando comportamenti virtuosi da parte dei propri stakeholder. Le aziende devono emozionare, devono cambiare gli atteggiamenti e i comportamenti dei loro stakeholder, prendere posizione ed essere stimolo per far sì che le cose cambino non solo nella loro organizzazione ma anche all’esterno. La differenza è quella che passa tra il semplice espletamento di obblighi normativi e l’avere un reale effetto sulla società che ci sta intorno: per questo motivo serve una comunicazione ingaggiante, per toccare le corde dei propri stakeholder e farli riflettere su alcuni temi sui quali è necessario anche un cambiamento dei loro comportamenti. Come dicevo, vediamo questo tema come un vero game changer: è una opportunità per le aziende di fare un salto di categoria nella comunicazione corporate (ne abbiamo molte che in questi ultimi 12/18 mesi ci hanno chiesto assistenza), sia in generale un’opportunità per tutti i comunicatori corporate, per tutti coloro che fanno il nostro mestiere. “Up-To-Date Cafe” è il nome della newsletter mensile di iCorporate. Ce la può descrivere? “Up-To-Date Cafe” è nato come incontro interno: una abitudine che il nostro team ha preso durante il Covid quando eravamo tutti al lavoro da remoto. E’ una finestra di una o due ore che apriamo via Teams una volta al mese per chiacchierare di quello che succede di rilevante nel mondo della comunicazione. Condividiamo spunti, idee, riflessioni sulla base di segnalazioni che tutto il nostro team effettua nel corso del mese. È un momento che dice molto del modello iCorporate, del modo che abbiamo di intendere il lavoro, in cui esce il meglio di noi: una trentina di professionisti, con competenze diverse e complementari, che dialogano sui temi della comunicazione. Finiamo per parlare di tutto: dall’armocromia su Vogue al Festival di Sanremo, dall’ultima campagna corporate della multinazionale alla serie dedicata a Wanna Marchi su Netflix. L’idea di trasformare questo incontro in una newsletter ci è venuta per aprire una sorta di finestra e consentire ai nostri clienti in qualche modo di partecipare al “Cafe”, anche se ex post. Con la nostra newsletter, una sintesi degli argomenti di cui abbiamo parlato in ogni incontro, puntiamo a condividere un po’ di GoodToKnow del mese, regalando qualche spunto di riflessione, qualche idea o anche, più semplicemente, un argomento di conversazione a una cena tra colleghi comunicatori. La tecnologia sta facendo progressi incredibili e l’Intelligenza Artificiale (IA) sembra stia ormai entrando a far parte nelle nostre vite, anche per quanto riguarda l’ambito lavorativo. Secondo lei, che direzione sta prendendo la comunicazione del futuro? Cosa verrà superato e cosa continuerà, invece, a resistere della comunicazione “tradizionale”? Questa è una domanda da un milione di dollari. È difficile immaginare quale sarà il futuro anche se una cosa di cui siamo credo tutti certi è che attraverseremo un cambiamento che avverrà in maniera molto veloce. Per questo è necessario dotarsi altrettanto velocemente della cassetta degli attrezzi per gestirlo. Anche noi ci stiamo ovviamente riflettendo. Quello che vediamo oggi è che probabilmente l’intelligenza artificiale offrirà degli strumenti per semplificare, automatizzare e velocizzare una serie di compiti di base. Penso alla ricerca e all’analisi, alla scrittura di testi semplici. Certo, se da questo punto di vista l’IA sarà un aiuto, bisognerà gestire lo strumento con grande attenzione: se da una parte c’è la tentazione di farsi aiutare dall’Intelligenza Artificiale per ottimizzare i tempi e i costi dell’organizzazione, dall’altro stiamo riflettendo sul fatto che le giovani leve si formano esattamente su questo tipo di attività. E se sostituiamo gli stagisti con la macchina, se gli stagisti non hanno più l’opportunità di imparare, questo a tendere può diventare un problema perché poi ci ritroveremmo solo dei grandi “specialisti del prompt” che sanno impostare la giusta query nella dashboard dell’ennesima piattaforma di Intelligenza Artificiale ma che poi non hanno la capacità di comprendere e governare i contenuti. Dico una banalità ma non dobbiamo mai perdere il focus da quello che è imprescindibile della comunicazione: il lato umano. Non posso immaginarmi un mondo distopico dove tutto è tremendamente razionale e tutto tremendamente uguale; dove la componente emotiva e la componente empatica – due pilastri della consulenza – non ci saranno più. Senza considerare poi un altro rischio: dove tutta l’informazione è controllata dalla macchina, si realizza uno scenario aberrante in cui la propaganda è ancora più potente e infallibile di quelle che tanti danni hanno fatto nella storia della civiltà. Rischiamo di trovarci in uno scenario uno scenario Orwelliano da “1984”, dove non è possibile sfuggire dall’unico paradigma che la macchina ci dà per interpretare la realtà. La nostra visione è che per saper dare le risposte giuste al cliente non serve solo un’intelligenza razionale esasperata all’ennesima potenza come quella dell’Intelligenza Artificiale, ma servono anche tante altre componenti che sono tipiche dell’umano. In qualche modo, penso che questo non solo ci salverà come esseri umani ma salverà anche la nostra professione.   di Filippo Messina

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