L’Austria che diventò nazista. “I cugini Meyer”, l’ultima opera del maestro fumettista Vittorio Giardino
Nella sua ultima opera “I cugini Meyer” (Rizzoli Lizard), l’abilità narrativa del maestro fumettista Vittorio Giardino consiste nel far emergere la storia umana e complessa dell’uomo comune che subisce l’influsso dei grandi sconvolgimenti che si susseguono intorno a lui

L’Austria che diventò nazista. “I cugini Meyer”, l’ultima opera del maestro fumettista Vittorio Giardino
Nella sua ultima opera “I cugini Meyer” (Rizzoli Lizard), l’abilità narrativa del maestro fumettista Vittorio Giardino consiste nel far emergere la storia umana e complessa dell’uomo comune che subisce l’influsso dei grandi sconvolgimenti che si susseguono intorno a lui
L’Austria che diventò nazista. “I cugini Meyer”, l’ultima opera del maestro fumettista Vittorio Giardino
Nella sua ultima opera “I cugini Meyer” (Rizzoli Lizard), l’abilità narrativa del maestro fumettista Vittorio Giardino consiste nel far emergere la storia umana e complessa dell’uomo comune che subisce l’influsso dei grandi sconvolgimenti che si susseguono intorno a lui
L’annessione tedesca dell’Austria, il cosiddetto Anschluss, è un momento storico spesso trattato sbrigativamente nel grande arazzo dell’Europa in marcia verso la Seconda guerra mondiale. Fu un grande riscatto per Adolf Hitler, che ‘conquistò’ la sua patria natia da comandante in campo della Germania. Un pittore fallito che torna a Vienna da padrone dopo aver chiesto l’elemosina nelle sue strade e aver alloggiato nel pidocchioso ostello Männerwohnheim di Meldemannstraße.
L’unione delle due nazioni germanofone non fu però una semplice nota in calce della Storia. Soprattutto perché avvenne in un periodo di grande cambiamento per gli austriaci. Nella sua ultima opera “I cugini Meyer” (Rizzoli Lizard), l’abilità narrativa del maestro fumettista Vittorio Giardino consiste nel far emergere la storia umana e complessa dell’uomo comune. Che subisce l’influsso dei grandi sconvolgimenti che si susseguono intorno a lui. Incardinata nell’universo narrativo di Max Fridman, suo alter ego letterario, la storia della famiglia Meyer si dipana in una Vienna non più capitale imperiale. Bensì avamposto nazista che abbraccia le nuove leggi di Norimberga. Volute dal partito di Hitler per «proteggere il sangue e l’onore tedesco e la cittadinanza del Reich».
Nel 1938 i viennesi si ritrovano così a dover elaborare due lutti. Quello di non essere più cittadini imperiali e quello di non essere nemmeno abbastanza tedeschi in quanto austriaci. La nuova razza, la nuova dimensione, è quella dell’essere ariani. Tutto ciò che non risponde ai nuovi canoni decisi dall’ex pittore va dunque depurato dalla società. La famiglia viennese dei Meyer, così come i cugini ginevrini Fridman, sono degli ebrei che in pochi mesi si vedono negata la propria cittadinanza. E quindi la stessa appartenenza alla razza umana. Il capofamiglia Franz, psichiatra di chiara fama, viene ridotto a operare quasi clandestinamente. La figlia Myriam viene licenziata. La figlia di prime nozze, Ilse (non ebrea per le leggi naziste, in quanto la madre è una gentile) coinvolge persino il marito avvocato. Per cercare di trovare un argine alle discriminazioni.
Purtroppo però è proprio la legge del Reich ad aver snaturato ogni rapporto con la minoranza ebraica. Che vede le sue libertà ridursi giorno dopo giorno tra umiliazioni e veri e propri raid punitivi contro i commercianti israeliti. Persino l’amicizia del colonnello Urlich von Trudhof, ufficiale dello Stato Maggiore austriaco capace di citare la “Antigone” di Sofocle (e quindi sensibile alla differenza tra legge naturale e legge positiva), non potrà proteggere a lungo la famiglia. Il tratto preciso e lo storytelling sobrio di Giardino accompagnano così il lettore nella catabasi di odio delle prime settantotto pagine della storia. Un incubo lucido in cui una Capitale europea muta i suoi abitanti in picchiatori di anziani e persone capaci di «sentire il puzzo degli ebrei».
È nella seconda parte del testo che la giustizia naturale manda un suo agente, cioè il sopracitato Max Fridman. Un eroe quasi involontario, giunto alla sua quarta impresa (almeno tra quelle messe su carta dal suo autore), che riceve la richiesta d’aiuto dei Meyer. Ormai per loro è impossibile vivere in Austria e hanno bisogno di aiuto per espatriare, nel contesto di una Europa dove l’antisemitismo è diffuso anche fuori dal nazismo e la Francia – ad esempio – sostiene di non avere più posto «neanche per un ebreo».
Da questo punto in poi la storia prenderà un tono più spionistico, con una vera e proprio gara di astuzia e velocità contro il colonnello Schminck delle SS (una vecchia conoscenza di Fridman), tuttavia senza modificare l’elegante andatura della narrazione di Vittorio Giardino. Una storia raccontata e rappresentata con una maestria unica nel panorama fumettistico italiano e globale, in cui uno storytelling lieve e posato consente anche la narrazione icastica dei momenti più turpi del nostro Novecento.
di Camillo Bosco
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
- Tag: fumetti
Leggi anche

“Emma”, l’esordio letterario di Jean Reno

“La vita normale”, il nuovo libro di Yasmina Reza

A salvare il mondo dell’editoria saranno i giovani
